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La mutazione che fa invecchiare più lentamente

La mutazione che fa invecchiare più lentamente

E' quella di una proteina scoperta nei topi

01 giugno 2018, 08:43

Redazione ANSA

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La mutazione diuna proteina cruciale nei processi di riciclo cellulare riesce ad allungare la vita ai topi (fonte: Nicolle Rager, National Science Foundation) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La mutazione diuna proteina cruciale nei processi di riciclo cellulare riesce ad allungare la vita ai topi (fonte: Nicolle Rager, National Science Foundation) - RIPRODUZIONE RISERVATA
La mutazione diuna proteina cruciale nei processi di riciclo cellulare riesce ad allungare la vita ai topi (fonte: Nicolle Rager, National Science Foundation) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La mutazione diuna proteina cruciale nei processi di riciclo cellulare riesce ad allungare la vita ai topi, facendoli invecchiare molto più lentamente e mantenendoli anche in buona salute. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature da ricercatori del Centro per la salute dell'Università del Texas sud-occidentale guidati da Beth Levine, potrebbe portare a future terapie che contrastino l'invecchiamento prematuro e i disturbi legati ad esso.

La protagonista dello studio è la proteina beclin-1 responsabile dell'autofagia, il meccanismo cellulare che permette la degradazione e il riciclo dei componenti cellulari danneggiati, un processo chiamato autofagia e  premiato nel 2016 con il Nobel per la Medicina. Lo stesso gruppo di ricerca aveva indicato in una ricerca precedente che la mutazione di questa proteina aumentava il tasso del riciclo nel cervello e nei muscoli e migliorava le funzioni conitive dei topi malati di Alzheimer: ora hanno scoperto che la stessa mutazione promuove la longevità e riduce il rischio di sviluppare tumori e diverse malattie legate a cuore e reni.

"Levine e colleghi hanno prodotto dati eccellenti, mostrando che l'autofagia può allungare la vita del 12%", commenta David Clancy della Lancaster University, non coinvolto nello studio. "Questo lavoro è molto importante, perché completa quello precedente", dice Ilaria Bellantuono dell'Università di Sheffield, anche lei estranea alla ricerca, "e fa capire che è possibile interferire con i meccanismi dell'invecchiamento, ritardandone i segni".

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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