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La stima del danno atteso

La stima del danno atteso

31 gennaio 2017, 17:03

Redazione ANSA

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La mappa del rischio sismico in Italia compilata dal Servizio Sismico Nazionale (fonte: INGV) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La mappa del rischio sismico in Italia compilata dal Servizio Sismico Nazionale (fonte: INGV) - RIPRODUZIONE RISERVATA
La mappa del rischio sismico in Italia compilata dal Servizio Sismico Nazionale (fonte: INGV) - RIPRODUZIONE RISERVATA

È la stima del danno atteso come conseguenza dei terremoti che potrebbero verificarsi in una data area. Questa stima è basata su tre elementi: la pericolosità dell’area, cioè lo scuotimento sismico che è ragionevole attendersi in un dato intervallo di tempo; la vulnerabilità degli edifici e delle infrastrutture dell’area, cioè la loro maggiore o minore propensione a essere danneggiati dai terremoti; l’esposizione, cioè la presenza di persone e cose che potrebbero essere danneggiate (edifici, infrastrutture, attività economiche ecc.).

La combinazione di questi tre fattori porta alla stima del rischio sismico. Una zona a pericolosità sismica molto elevata (in cui cioè è molto probabile che avvengano forti terremoti), ma priva di abitanti, edifici o attività umane, ha un rischio sismico pressoché nullo. Al contrario, una zona a pericolosità sismica bassa, ma molto popolata, o i cui edifici siano mal costruiti o mal conservati, ha un livello di rischio sismico molto elevato poiché anche un terremoto moderato potrebbe produrre conseguenze gravi.

La vulnerabilità degli edifici, che danneggiandosi possono determinare vittime e feriti, resta il fattore principale su cui si può intervenire: essa dipende dalle caratteristiche costruttive (muratura o cemento armato, numero di piani, regolarità in pianta e in altezza) e dal grado di manutenzione. È per questo motivo che la vulnerabilità può variare molto anche all’interno di una stessa area urbana.

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