(ANSA) - ROMA, 09 NOV - Con 2.000 nuovi casi in più in un solo anno, il tumore della prostata è salito dai 35 mila casi registrati nel 2018 ai 37 mila nel 2019. Un aumento dovuto a diversi fattori: dall'incremento della vita media a stili di vita scorretti tra cui fumo, sedentarietà, dieta ricca di grassi e calorie, passando per la scarsa propensione degli uomini a fare prevenzione. Sanare queste lacune e a fare 'buona educazione' sul tema è l'obiettivo del primo dei sei nuovi Quaderni curati da Fondazione Aiom, da lunedì 9 novembre disponibile sul sito www.fondazioneaiom.it.
"Novembre è il mese di 'Movember', il movimento internazionale per la prevenzione del tumore della prostata - spiega la presidente della Fondazione Aiom, Stefania Gori - Per questo iniziamo con questa neoplasia. E partiamo da una 'carta di identità' della patologia prostatica: cause, sintomi, fattori di rischio, opportunità diagnostiche e nuove cure 'disegnate' sulla malattia, la tutela della funzionalità urinaria e sessuale". I numeri del tumore prostatico, spiega Francesco Boccardo, direttore della Clinica Oncologia Medica del Policlinico Universitario S. Martino, Genova, "sono in crescita e posizionano questa neoplasia al primo posto per diffusione e al terzo per mortalità. A dispetto dei numeri importanti, questa malattia è oggi più curabile grazie a trattamenti che, laddove serve, sfruttano chirurgia, radioterapia, o la sorveglianza attiva nell'intento di offrire il minimo trattamento possibile di massima efficacia, preservando così la qualità della vita".
In particolare, alla sorveglianza attiva, aggiunge Elisa Zanardi, del Policlinico S. Martino, Genova, "sono candidati i pazienti con una forma di malattia meno aggressiva e localizzata, i quali vengono monitorati nel tempo all'interno di rigidi protocolli. La finalità è evitare loro danni e tossicità legati ai trattamenti, in primis chirurgia demolitiva, che in caso di neoplasia indolente potrebbe essere inutile".
Per il tumore della prostata, ricorda infine Maria Laura De Cristofaro, presidente dell'Associazione Europa Uomo Italia, "non esiste un vero e proprio screening, ma solo il PSA che rappresenta un potenziale indicatore e non una 'sentenza' certa di malattia, come spesso si crede".