La vitamina D e' una possibile
arma di prevenzione del diabete di tipo 2 poiché migliora la
insulino-resistenza e la funzione delle cellule beta
pancreatiche produttrici di insulina. Lo rivela uno studio
presentato al congresso dell'Associazione europea per lo studio
del diabete (Easd) da un giovane ricercatore della Società
Italiana di Diabetologia (Sid) grazie ad un grant della
Societa', Ernesto Maddaloni.
La vitamina D esercita i suoi effetti anche al di fuori delle
ossa, influenzando pure il metabolismo. Lo studio ha dunque
valutato l'effetto di una supplementazione di calcidiolo (una
forma di vitamina D) sull'insulino-resistenza, sulla funzione
delle cellule beta pancreatiche e sui marcatori di infiammazione
e di stress ossidativo nei soggetti con pre-diabete e bassi
livelli di vitamina D. A questo scopo, 150 pazienti sono stati
osservati e divisi in 3 gruppi, assumendo a seconda del gruppo
diverse quantita' di vitamina D o placebo. I risultati
dimostrano che i livelli circolanti di vitamina D risultano
correlati sia agli indici di insulino-resistenza che di
funzionalità delle beta-cellule, parametri questi che migliorano
dopo la supplementazione con alte dosi di calcidiolo. La
vitamina D è un ormone che viene in parte assunto attraverso la
dieta e in parte sintetizzato dall'organismo, a partire dal
colesterolo, grazie all'azione dei raggi ultravioletti del sole.
Ne esistono diverse forme e il calcidiolo è la forma di vitamina
D che viene misurata nel sangue. Dallo studio non si evidenzia
tuttavia la dose ottimale di vitamina D per prevenire il diabete
di tipo 2.
"Una maggiore comprensione degli effetti della vitamina D sul
metabolismo del glucosio, sull'insulino-resistenza e sulla
funzione delle cellule beta pancreatiche potrebbe consentire
nuovi approcci terapeutici nella prevenzione del diabete tipo 2
e nel progressivo deterioramento del controllo metabolico", ha
concluso il presidente della Sid Giorgio Sesti.
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