Aveva 25 anni quando si ammalò, dopo dieci anni la cirrosi epatica si era molto aggravata e la sua situazione clinica sembrava disperata. "Le vene del mio esofago - racconta Alfredo - si riempivano di varici che si rompevano e che andavano ricucite, la mia vita era appesa a un filo". Fortemente provato, andò in Germania per tentare il trapianto di fegato, ma l'ospedale tedesco si rifiutò di metterlo in lista: "Dicevano che l'Italia non contribuiva abbastanza alla donazione degli organi", ricorda. Approdò allora all'ospedale Cervello e da lì all'Ismett che aveva cominciato da poco l'attività clinica.
"Il 4 agosto 1999 fui operato - prosegue -. Avevo 35 anni ed ero il secondo ad avere il trapianto di fegato in tutta la Sicilia, mi sentivo quasi una cavia, ma ero davvero felice". Dopo 17 giorni, Alfredo torna a casa con un fegato nuovo. Sui giornali viene pubblicata la sua storia e un giorno Alfredo riceve una telefonata. A chiamarlo sono i genitori del ragazzo vittima di un incidente il cui fegato gli ha salvato la vita. Nasce così una relazione particolare: "E' diventata la mia seconda famiglia: battesimi, compleanni, matrimoni stiamo sempre insieme. E' una cosa bellissima. Avrei dovuto morire vent'anni fa - dice - forse sono rimasto in vita perché ho un compito preciso in questo mondo: comunicare quanto sia importante donare gli organi".
Alfredo fa l'istruttore di guida e di ragazzi ne vede tanti, quando li accompagna per le strade di Partinico, dove vive, ma anche quando va nelle scuole, chiamato a fare lezioni di educazione stradale. "Spiego ai ragazzi le regole per una guida sicura, ma alla fine mi ritaglio sempre qualche minuto per ricordare che donare è la cosa più bella al mondo perché chi muore non muore del tutto, ma continua a vivere in un'altra persona", conclude emozionato.
In collaborazione con:
UPMC/ISMETT