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Together we can stop the virus, la mostra che racconta l'Hiv

Le opere in realtà aumentata volute da Gilead al Base di Milano

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Cinque opere di artisti italiani in realtà aumentata per raccontare cosa significa nel 2019 convivere con il virus dell'Hiv. È l'obiettivo di 'Togheter we can stop the virus', la mostra organizzata da Gilead Sciences (che da oltre 30 anni si occupa di Hiv nel campo della sensibilizzazione, della prevenzione e delle cure) in collaborazione con 10 associazioni di pazienti e con il patrocinio di Icar (Icar Conferences on Aids and Antiviral Research). L'esposizione sarà visitabile gratuitamente da oggi fino al 27 ottobre negli spazi di Base, a Milano, e ha l'ambizione di diventare un progetto itinerante per raccontare l'Hiv in tutto il paese.

Cinque opere di oltre sei metri di altezza che si animano con la realtà aumentata del collettivo Bepart (che si attiva attraverso smartphone e tablet) e che affrontano altrettanti temi: la diagnosi, le cure, il successo delle terapie, la qualità della vita e infine la solitudine. Un isolamento, quello dei pazienti sieropositivi, che ancora esiste nel XXI secolo ma che deve essere combattuto.
"Oggi le persone con Hiv sottoposte a trattamento e con carica virale non rilevabile possono non preoccuparsi più di trasmettere il virus agli altri, possono condurre una vita normale e vivere il rapporto con il proprio partner più serenamente", ha spiegato Lorenzo Badia dirigente medico del reparto Malattie infettive dell'Ospedale Universitario di Bologna e anche consulente scientifico del progetto. "Una persona con livelli plasmatici di virus Hiv pressoché non rilevabili, cioè meno di 50 copie del virus per ml di sangue per almeno 6 mesi, presenta un rischio di trasmettere il virus per via sessuale pari a zero - ha proseguito il medico -. Grazie ai progressi della ricerca che ha portato innovazioni terapeutiche oggi a nostra disposizione si sono create tutte le condizioni, non solo perché questa condizione di controllo dell'Hiv riguardi il maggior numero possibile di persone sieropositive, ma anche perché si possa vivere una vita piena ed entusiasmante combattendo insieme uno stigma che, invece, fa ancora fatica a essere estirpato". Lo dimostrano i dati di una recente indagine commissionata dall'International Association of Providers of Aids Care, Fast-Track Aids e Gilead Sciences, secondo cui in Italia il 58% delle persone sarebbe a disagio nel lavorare a fianco di una persona sieropositiva.

Per Valentino Confalone, generale manager di Gilead Italia, "together è la parola chiave" per superare questo tabù. "Il nostro obiettivo è sensibilizzare anche sull' importanza di evitare comportamenti a rischio - ha proseguito Confalone -. Un linguaggio moderno come l'arte e come quello della realtà aumentata ci permette di far arrivare questo messaggio a più giovani, che sono meno sensibili a questi rischi perché non hanno vissuto la storia dell'Hiv" e gli anni più critici di questa malattia. "Questo lavoro si accompagna al nostro impegno nella ricerca - ha concluso il general manager di Gilead Italia - che ha portato negli ultimi 30 anni a trasformare una malattia mortale in una malattia cronica che viene gestita tranquillamente, permettendo alle persone colpite di avere un'aspettativa di vita analoga alle persone sane".

In collaborazione con:
Gilead

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