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Chi soffre di intestino irritabile spesso ha problemi anche con gli occhi

Chi soffre di intestino irritabile spesso ha problemi anche con gli occhi

Il microbioma oculare è importante per conservare una buona vista

ROMA, 21 ottobre 2019, 12:28

Redazione ANSA

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L 'argomento al centro del Congresso su Nutraceutica e Occhio - RIPRODUZIONE RISERVATA

L 'argomento al centro del Congresso su Nutraceutica e Occhio - RIPRODUZIONE RISERVATA
L 'argomento al centro del Congresso su Nutraceutica e Occhio - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Anche gli occhi hanno i loro batteri e, a popolarne la superficie, sono circa 200 diversi tipi, che possono avere degli effetti sulla vista. Il ruolo del microbioma oculare è stato uno dei temi del sesto Congresso su Nutraceutica e Occhio, che si è svolto a Roma, con il patrocinio della SiNut (Società Italiana Nutraceutica).
    "Ormai diversi studi - spiega Gianluca Scuderi, professore associato del Dipartimento di Neuroscienze della Sapienza Università di Roma e responsabile dell'Unità operativa di oculistica dell'Ospedale Sant'Andrea - hanno dimostrato che esiste un asse intestino-occhio, tant'è vero che chi soffre di sindrome dell'intestino irritabile in molti casi ha anche dei problemi di irritazione della superficie oculare". Un recentissimo studio pubblicato di recente sulla rivista The Ocular Surface ha confermato che nell'occhio umano coesistono numerosi microhabitat batterici, la cui composizione riflette i livelli di esposizione all'ambiente esterno. Sarebbero 221 le specie in media presenti e quello più comune è il Corynebacterium, seguito da Staphylococcus, Streptococcus, Acinetobacter e Pseudomonas. "L'equilibrio del microbioma - prosegue Scuderi - è importante non solo per il benessere intestinale ma anche per quello dell'apparato visivo e quando quest'equilibrio si rompe, può verificarsi l'insorgenza di alcune patologie dell'occhio", tra cui il glaucoma. 

A fare da filo conduttore è la presenza di uno stato infiammatorio che colpisce sia l’intestino che la superficie oculare. Nella sua forma acuta, infatti, il glaucoma viene oggi considerata una malattia infiammatoria. Non solo: oggi è ormai accertato che il glaucoma va pensato come una malattia neurodegenerativa al pari di Alzheimer, il Parkinson o la SLA.

“Sono tutte malattie nelle quali neuroni localizzati in sedi diverse iniziano a invecchiare precocemente, morendo progressivamente: nella malattia di Alzheimer il processo inizia nell’ippocampo, nella malattia di Parkinson nella cosiddetta substantia nigra, nella SLA nei neuroni motori della corteccia cerebrale e del midollo spinale ed infine nel glaucoma nelle cellule gangliari della retina”, spiega Piero Barbanti, Professore di Neurologia presso l’Università San Raffaele di Roma. "Sono dunque malattie diverse ma accumunate da analoghi meccanismi di stress ossidativo e degenerazione del neurone”. 

Al Congresso si è parlato proprio di come si può contrastare lo stress ossidativo anche attraverso i nutraceutici, sostanze alimentari che si trovano in natura e che sono presenti nell’alimentazione di tutti i giorni ma concentrati in capsule o pillole per incrementarne i benefici in maniera esponenziale. “In oculistica - affema Scuderi - gli alimenti nutraceutici trovano oggi un impiego sempre più diffuso sia nella prevenzione che nel trattamento, di diverse patologie oculari, tra cui la degenerazione maculare senile e il glaucoma”.
In particolare il Coenzima Q10 ha mostrato una sua funzione protettiva. Si tratta di una molecola che viene prodotta anche dal nostro organismo ma purtroppo i livelli di Coenzima Q10 nella retina umana si riducono del 40% con l’età. “Da studi condotti su modelli animali per patologie neurodegenerative, il Coenzima Q10 ha mostrato proprietà benefiche ed effetti protettivi molto promettenti in trial clinici riguardanti: Morbo di Parkinson, Corea di Huntington, Atassia di Friedreich e anche nel glaucoma” spiega Barbanti.
Attualmente il Coenzima Q10, oltre che in formulazione collirio, è disponibile anche in formulazione, oltre ad avere un alto profilo di sicurezza, potrebbe migliorare l’aderenza alla terapia nei pazienti anziani che hanno difficoltà a mettere i colliri.


   

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