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Tumore al polmone 'Alk', la diagnosi arriva dalla biopsia liquida

Novello, 'la diagnosi precisa fa la differenza, oggi disponibili farmaci mirati'

Redazione ANSA

Per il tumore al polmone con la particolare alterazione genica ALK+, la diagnosi arriva dalla biopsia liquida: un semplice esame del sangue, meno invasivo, che facilita la diagnosi e la possibilità di cure mirate. E' quanto emerge dallo studio BFAST, presentato al Congresso europeo di oncologia Esmo, che ha utilizzato la biopsia liquida per identificare i pazienti con traslocazione del gene ALK candidabili al trattamento con la terapia-target con la molecola alectinib.

"Poter contare su una diagnosi di precisione, in grado di identificare le specifiche caratteristiche molecolari del tumore - spiega Silvia Novello, professore ordinario di Oncologia Medica all'Università degli Studi di Torino - è fondamentale per i pazienti affetti da patologia oncologica polmonare. Nel caso del tumore al polmone non a piccole cellule positivo al riarrangiamento del gene ALK, una diagnosi precisa può fare un'enorme differenza, perché i pazienti con questo tipo di tumore possono oggi beneficiare di nuovi farmaci a bersaglio molecolare. Lo studio BFAST dimostra che le informazioni ottenibili attraverso la biopsia liquida possono fornire indicazioni importanti sulla sensibilità delle cellule tumorali alle terapie target di nuova generazione. Nello studio, infatti, il tasso di risposta al trattamento con alectinib è sicuramente in linea con quanto riscontrato nel precedente studio registrativo Alex, se non superiore visto che si assesta intorno al 92% contro l'82% per lo studio Alex. L'efficacia di alectinib nei pazienti con tumore ALK-positivo individuati attraverso la biopsia liquida è cioè coerente con l'efficacia riscontrata nei pazienti identificati attraverso l'analisi tissutale nello studio registrativo di Fase III ALEX".

"Attendiamo quindi con fiducia i risultati delle altre coorti. Se risulteranno coerenti con quelli appena presentati - rileva Nocello - avremo ulteriori elementi a supporto di questo approccio diagnostico, preciso e non invasivo, utile per l'impostazione della strategia terapeutica". I test diagnostici attuali, infatti, non sono sempre utilizzabili in tutti i pazienti in quanto associati ad esami bioptici sul tessuto tumorale spesso invasivi, che limitano la disponibilità di tessuto necessaria per effettuare una diagnosi corretta.

Questo conferma, osservano gli oncologi, l'utilità clinica della biopsia liquida come metodo aggiuntivo per fornire informazioni diagnostiche utili ai clinici nel processo decisionale terapeutico nel tumore del polmone.
   

-Tumore polmone metastatico, una cura triplica sopravvivenza. Combinazione immunoterapia e chemioterapia rallenta la malattia

Arriva dall'immunoterapia una speranza concreta per i circa 10.000 italiani che ogni anno ricevono la diagnosi di tumore polmonare di tipo squamoso, uno dei piu' difficili da curare perche' quasi sempre privo dei 'bersagli' molecolari contro cui sono diretti i farmaci biologici finora a disposizione: combinando l'immunoterapia atezolizumab, che punta a riattivare il sistema immunitario contro il cancro, con la chemioterapia, la malattia rallenta in tutti i casi e in taluni pazienti metastatici la sopravvivenza quasi triplica, passando da una media di 10 mesi a 23 mesi. Lo dimostra lo studio internazionale IMpower131, condotto su oltre mille pazienti e coordinato da Federico Cappuzzo, direttore del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell'AUSL della Romagna a Ravenna, presentato a Barcellona durante la Conferenza mondiale sul tumore al polmone.

Anche per questi pazienti, che rappresentano un quarto di tutti i tipi di carcinoma polmonare e che hanno una prognosi severa, sara' percio' presto possibile una terapia efficace. Questa neoplasia non risponde infatti a farmaci 'intelligenti', diretti su bersagli molecolari tumorali specifici, ed e' quindi trattata con la sola chemioterapia. Percio', "abbiamo associato a due tipi diversi di chemioterapia l'immunoterapico atezolizumab, per verificare se la nuova combinazione fra immunoterapia e chemioterapia potesse migliorare la prognosi di questi pazienti rispetto alla sola chemioterapia - spiega Cappuzzo. - I risultati mostrano che l'immunoterapia e' l'unica vera opportunita' che possiamo offrire a questi malati: in tutti infatti rallenta significativamente il rischio di progressione di malattia, ma i risultati diventano eclatanti nei pazienti che esprimono in abbondanza la proteina PDL-1, bersaglio di atezolizumab". In questi casi, spiega, "la risposta e' ancora maggiore e abbiamo registrato una sopravvivenza quasi triplicata rispetto alla sola chemio".

Livelli elevati della proteina PDL-1 si trovano in circa il 20-25% dei malati: "questi sono percio' i candidati ideali per questo tipo di associazione di immunoterapia e chemioterapia; e' quindi sempre piu' necessaria - conclude l'oncologo - un'attenta selezione dei pazienti per individuare chi rispondera' meglio alle terapie a disposizione"

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