E' svolta nell'uso del tamoxifene - un
farmaco utilizzato dopo l'intervento chirurgico nelle donne che
hanno avuto un tumore al seno intraepiteliale, pari a circa il
20% di tutti i tumori alla mammella - per ridurre il rischio di
recidive: è efficace anche a basse dosi e con effetti
collaterali molto ridotti. Lo dimostra uno studio presentato al
San Antonio Breast Cancer Symposium, il più importante congresso
internazionale sul carcinoma alla mammella, da un gruppo di
ricercatori italiani guidati da Andrea De Censi, direttore di
Oncologia medica Ospedali Galliera di Genova.
Lo studio dimostra che un basso dosaggio di soli 5 mg al
giorno dimezza il rischio di recidive e di nuovi tumori al seno
e diminuisce gli effetti avversi con un minor impatto sulla
qualità di vita delle donne. L'importante risultato è stato
ottenuto grazie al sostegno di AIRC, Ministero della Salute e
LILT e porterà, affermano i ricercatori, ad un "cambiamento
significativo nella vita di migliaia di donne operate di tumore
al seno in stadio iniziale". Fino a oggi il dosaggio indicato
era di 20 mg al giorno e il trattamento durava 5 anni.
"Purtroppo il tamoxifene è associato a un aumentato rischio
di tumore dell'endometrio, la parte interna dell'utero, e a
tromboembolia venosa oltre che alla comparsa di sintomi della
menopausa che possono portare all'interruzione del trattamento -
spiega De Censi -. I dati del nostro studio TAM-01, che ha
coinvolto 500 pazienti in 14 centri italiani, dimostrano che
basse dosi di tamoxifene pari a 5 mg al giorno per 3 anni,
dimezzano il rischio di recidiva e riducono del 75% i nuovi
tumori all'altra mammella rispetto al placebo. Un risultato che
è sovrapponibile a quello che si ottiene con il dosaggio a 20
mg. si ha una riduzione statisticamente significativa degli
eventi avversi seri". Sulla base di questi risultati, De Censi
punta ad avviare un nuovo studio per la prevenzione primaria
nelle donne a rischio aumentato: "Confidiamo che un trattamento
con 5 mg al giorno di tamoxifene possa rivelarsi un'opportunità
di prevenzione primaria anche nelle donne sane che hanno un alto
rischio di sviluppare un tumore al seno, comprese le donne con
mutazione di BRCA, quello conosciuto come il gene di Angelina
Jolie", conclude De Censi.
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