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Qualità della vita esclusa dal 47% degli studi clinici sui tumori

Qualità della vita esclusa dal 47% degli studi clinici sui tumori

A rischio adesione terapie. Primo progetto su disturbi malati

ROMA, 17 novembre 2018, 15:02

Redazione ANSA

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Qualità della vita esclusa dal 47% degli studi clinici sui tumori © ANSA/Europ Assistance

Qualità della vita esclusa dal 47% degli studi clinici sui tumori © ANSA/Europ Assistance
Qualità della vita esclusa dal 47% degli studi clinici sui tumori © ANSA/Europ Assistance

La qualità di vita è esclusa dal 47% degli studi clinici. Lo dimostra una revisione di 446 sperimentazioni pubblicata su Annals of Oncology: un aspetto allarmante, rileva la presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), Stefania Gori, poichè tali aspetti "se trascurati, compromettono l'adesione alle terapie". Per questo è partito il primo progetto per intercettare i piccoli disturbi nei pazienti, basato su un'intesa siglata fra oncologi, medici di famiglia e farmacisti, e presentato al Congresso nazionale Aiom in corso a Roma.
    La qualità di vita delle persone colpite da tumore è dunque ancora trascurata. I clinici affrontano raramente questo aspetto e pochi pazienti ne parlano con il medico. Non solo: nel 47% degli studi la qualità di vita è totalmente esclusa dai criteri per valutare l'efficacia di un trattamento come emerge appunto da una revisione sistematica che ha considerato 446 sperimentazioni su 11 riviste scientifiche internazionali tra il 2012 e il 2016. Spossatezza, nervosismo, difficoltà ad addormentarsi, lieve dissenteria, mancanza di appetito, gonfiore e secchezza vaginale sono piccoli fastidi molto frequenti fra i pazienti oncologici, in grado di peggiorare la qualità di vita.
    Per migliorare la consapevolezza su questo problema, Fondazione AIOM e AIOM hanno realizzato il progetto nazionale 'I nuovi bisogni del paziente oncologico e la sua qualità di vita'. "Nel 2018, sono quasi 3,4 milioni gli italiani che vivono dopo una diagnosi di tumore, pari al 6% dell'intera popolazione - spiega Gori -. È un vero e proprio 'esercito' di persone che presenta nuove esigenze a cui il sistema deve saper rispondere. Disturbi che, all'apparenza, possono sembrare banali non sono tali per chi li vive in prima persona. La loro sottovalutazione - conclude - può compromettere l'adesione ai trattamenti e l'efficacia delle cure".
   

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