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Aifa, sì a chemioterapico innovativo per tumore colon retto

Aifa, sì a chemioterapico innovativo per tumore colon retto

Spacca il Dna prevenendo proliferazione cellule tumorali

MILANO, 22 gennaio 2018, 17:40

Redazione ANSA

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cellula tumorale - RIPRODUZIONE RISERVATA

cellula tumorale - RIPRODUZIONE RISERVATA
cellula tumorale - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nell'era dei farmaci biologici e dell'immuno-oncologia torna un farmaco che appartiene alla terapia classica, un chemioterapico che l'Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) ha avviato alla rimborsabilità come terapia di 3/a linea, per il trattamento dei pazienti adulti con tumore del colon retto in stadio avanzato (metastatico) precedentemente trattati con chemioterapia o farmaci biologici.


    E' basato sulla combinazione di due molecole, trifluridina e tipiracil, ed è "un chemioterapico diverso dai precedenti - spiega Alberto Sobrero, responsabile dell'Oncologia Medica dell' Ospedale San Martino di Genova - perché ha la peculiarità di entrare nel Dna e di spaccarlo, prevenendo così la proliferazione e la crescita delle cellule tumorali. Questo approccio - aggiunge Sobrero - combatte il cancro in modo nuovo, permettendoci di rallentare la progressione della malattia, già rallentata dalle altre terapie precedenti". 
   

Secondo il professor Sobrero, per questa terapia, che arriva come terza opportunità per i pazienti che hanno già ricevuto la chemioterapia 'prima maniera' e poi i farmaci biologici, "il beneficio clinico è grande, rispetto alla tossicità del trattamento", perché dà al paziente la possibilità di continuare la cura quando le altre terapie hanno esaurito il loro compito.
"Trent'anni fa la sopravvivenza a un tumore del colon retto (che con 53 mila casi l'anno è la neoplasia più diffusa in Italia) era mediamente di soli sei mesi - fa rilevare Carmine Pinto, direttore dell'Oncologia Medica al Clinical Cancer Centre di Reggio Emilia - e oggi si superano i 30 mesi. E se nel 2013 erano circa 300 mila gli italiani in vita dopo aver affrontato questo tumore, alla fine del 2017 sono stati 464 mila, il 14% di tutti i pazienti oncologici residenti nel Paese".

Il merito, secondo Pinto, è dei progressi della ricerca, che ha portato a nuove e sempre più efficaci terapie, come quella rappresentata dalla combinazione di trifluridina e tipiracil. Ma anche del programma nazionale di screening con la ricerca del sangue occulto nelle feci. Infatti, per i casi risultati positivi al test è prevista subito la colonscopia, con la possibilità di una diagnosi precoce e interventi tempestivi, che danno i migliori risultati in termini di guarigione.
"Attualmente - afferma Pinto - il 65% dei pazienti che accettano lo screening riesce a sconfiggere la malattia. Tuttavia nel 20% dei casi il tumore viene scoperto quando è ormai si sono già sviluppate delle metastasi".
Per Pinto ci sono però due problemi alla pratica dello screening: "Il primo è la copertura nazionale tuttora carente, soprattutto al sud e nelle isole; il secondo è che anche in presenza dell'offerta del servizio, la risposta del cittadino è spesso negativa. Deve crescere la cultura della prevenzione".

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