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Addio a Ferdinand Piech, patriarca di Volkswagen

Aveva 82 anni. Ha riportato il marchio alla redditività negli anni '90

Rodolfo Calò

Si è spento all'improvviso, a 82 anni, Ferdinand Piech, il gigante dell'auto tedesca che ha fatto grande il gruppo Volkswagen, globalizzandolo, ed entrando lui stesso nella 'leggenda' del settore con un stile autoritario e a tratti spietato. Ferdinand Karl Piech si è sentito male domenica sera in un ristorante a due stelle di Aschau, in Baviera, ma la morte "improvvisa e inaspettata" è stata annunciata solo il giorno sucessivo: dopo aver ordinato un aperitivo, ha chiesto poi un bicchier d'acqua e un'aspirina ed è crollato, spirando in ospedale.

Amministratore delegato di Volkswagen dal 1993 e poi presidente dal 2002 al 2015, l'ingegner Piech ha trasformato Vw da casa automobilistica con un passivo equivalente ad un miliardo di euro a colosso mondiale da 12 marchi in grado di superare General Motors e Toyota per vendite nel 2016 e di vantare utili per 2,6 miliardi. "Il patriarca dell'auto", "l'ultimo autocrate", "la leggenda dei motori", "l'ingegnere del potere", sono alcuni degli epiteti con cui i media tedeschi hanno sottolineato la sua morte. Nipote di Ferdinand Porsche, il designer del Maggiolino su ordine di Adolf Hitler, Piech nel 1999 fu eletto manager automobilistico del secolo per una carriera che lo ha portato ad eccellere in tutto: non solo alla guida di Volkswagen per oltre un ventennio, ma anche della squadra corse di Porsche negli anni Sessanta e dello sviluppo di Audi in concorrenza di Bmw e Mercedes nei Settanta, fra l'altro lanciando la Quattro.

Nato a Vienna, Piech ha costruito il suo impero anche acquistando i marchi di lusso Bugatti, Bentley, Lamborghini e Porsche, un'operazione - quest'ultima - che orchestrò da presidente-onnipotente. Il suo nome però è anche legato a fallimenti in questo ambito, come la troppo cara Vw Phaeton e la deficitaria Bugatti Veyron. La fama di spietato Piech se l'era guadagnata fra l'altro licenziando praticamente in pubblico, anche se sottilmente, il proprio successore quale amministratore delegato Bernd Pischetsrieder nel 2006. Lui stesso però fu vittima di un'ancora oscura lotta in consiglio di amministrazione coll'allora a.d Martin Winterkorn: quattro anni fa lasciò la presidenza pochi mesi prima dello scoppio del dieselgate costato al gruppo più di 30 miliardi di euro. Il letterale "patriarca" lascia la seconda moglie Ursula, 13 figli e un numero più che doppio di nipoti.

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