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Pedone investito in autostrada, chi guida non ha colpa

Cassazione conferma l'assoluzione dall'accusa di omicidio colposo

Redazione ANSA

E' imprevedibile, per l'automobilista che guida in autostrada, anche solo immaginare la possibilità di trovarsi di fronte un pedone che cammina al centro della carreggiata, e anche nel caso in cui non c'è la corsia di emergenza non si può pretendere che chi rispetta i limiti di velocità tenga una guida ancora più prudente nell'attesa di un evento 'eccezionale'. Lo sottolinea la Cassazione che ha confermato l'assoluzione dall'accusa di omicidio colposo per un sessantenne che guidando la sua Hyundai di notte aveva travolto una donna in stato di ebbrezza. Claudia T. era scesa dalla sua macchina dopo una lite con il marito e si era messa a camminare al centro della carreggiata sulla A26 - la Genova - Gravellona Toce - per di più nella stessa direzione di marcia dei veicoli.

Per gli 'ermellini', "è inesigibile una attenzione del conducente spinta al punto da scandagliare ogni angolo del tratto percorso alla verifica della eventuale presenza di pedoni, sulla cui assenza egli ha invece motivo di fare pieno affidamento". Così i supremi giudici hanno respinto il ricorso della Procura di Vercelli che chiedeva di condannare l'automobilista, Concetto T. - nato a Trapani -, perchè "procedeva ad una velocità pure rispettosa dei limiti cinetici in vigore nel tratto autostradale, ma in concreto tale da non consentirgli di arrestare l'auto entro il campo di visibilità delimitato dalla profondità dei fari anabbaglianti". Secondo la Cassazione, il guidatore "non solo non aveva l'obbligo di usare i fari abbaglianti, il cui uso gli era addirittura vietato per non abbacinare i conducenti di altre vetture", ma dato che ha "integralmente osservato la normativa di settore non può essergli mosso alcun rimprovero". Concetto T. infatti viaggiava a circa 105-110 km/h, al di sotto del limite massimo fissato a 130/km e in vigore anche sulla A26, l'Autostrada dei trafori che collega la Liguria al Piemonte. Rileva la Cassazione che la circolazione autostradale "è caratterizzata dalla velocità del traffico che ne costituisce l'essenza", come sede destinata "al traffico al di fuori degli agglomerati urbani".

Per questo - prosegue il verdetto 10037 - la presenza di un pedone "nel centro della carreggiata, nella propria corsia di marcia, non può considerarsi circostanza prevedibile, essendovi un assoluto e comunemente rispettato divieto di attraversamento della sede autostradale". I supremi giudici della Quarta sezione penale aggiungono, infine, che è "evidente che qualora si imponesse al conducente di decelerare alla semplice vista del pedone ne risulterebbe gravemente compromessa la stessa circolazione e la sicurezza degli automobilisti, costretti a confrontarsi con un improvviso arresto di una vettura che procede a velocità elevata".

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