(di Francesca Pierleoni)
Sono in genere molto giovani, spesso
religiosi e idealisti (il nucleo principale è alle Filippine) e
passano ogni giorno ore e ore, da impiegati in società che non
divulgano la loro attività, a individuare e eliminare dal web e
dai social video e altri materiali violenti. Dalle immagini
delle decapitazioni dell'Isis a quelle degli abusi sui bambini,
dal porno al bullismo. Parliamo dei 'content moderators', o
meglio, gli spazzini (segreti) della rete, per colossi come
Google e Facebook. Figure misteriose che si raccontano per la
prima volta in Quello che i social non dicono - The Cleaners, il
documentario inchiesta di Hans Block e Moritz Riesewieck,
passato al Sundance, al Festival di Rotterdam e al Biografilm
Festival, in sala come evento dal 14 al 17 aprile distribuito da
I Wonder Pictures.
"L'idea per il film - spiega all'ANSA Hans Block - ci è
venuta qualche anno fa, quando fu diffuso sui social, causando
uno shock globale, il video di una bambina di cinque o sei anni,
violentata da un adulto. Nonostante sia stato rimosso
velocemente, nell'arco di tempo online è stato condiviso 60 mila
volte. Ci siamo chiesti allora a chi fosse dato il compito
materialmente di non far arrivare sulla rete quegli orrori e ci
siamo messi a indagare".
Il film non fiction mescola le interviste con alcuni dei
cleaners attivi a Manila, che i due registi hanno convinto a
parlare per la prima volta davanti a una cinepresa, alle grandi
dichiarazioni d'intenti dei signori del web, sul valore di
parole come libertà, democrazia e rispetto della persona, da
Mark Zuckerberg alle audizioni davanti al Parlamento americano
dei responsabili della sicurezza online di Google e facebook. Un
quadro denso di contraddizioni, nel quale l'esigenza di
'proteggere' il pubblico si trasforma anche in censure
ingiustificate, come quelle su immagini che testimoniano la
distruzione della guerra o sulla satira politica: "I cleaners
spesso non capiscono il contesto e nel dubbio preferiscono
eliminare (tra le 'vittime', anche un quadro satirico di Trump
nudo, che era stato condiviso in rete 50 milioni di volte, ndr).
E' chiaro - sottolinea il regista - che così entrano in gioco
concetti fondamentali come democrazia e libertà di parola".
D'altronde quello dei cleaners è un compito difficilissimo,
visto che ogni minuto di ogni giorno 500 ore di filmati sono
caricati su YouTube, 450 mila tweet compaiono su Twitter e 2,5
milioni di post vengono pubblicati su Facebook.
Colpisce la quantità di immagini cruente (decine di migliaia)
ai quali i cleaners si espongono ogni giorno: uno stress che ha
fatto salire fra di loro il tasso di suicidi. "Molti prendono il
loro lavoro come una missione cristiana, pensano di contribuire
a ripulire il mondo dei peccati - spiega Block -. Si crea così
un pericoloso mix di capitalismo e religione". D'altronde il
loro lavoro non può essere svolto da un algoritmo: "Gli esperti
ci dicono che un computer può riconoscere i soggetti, ma non
distinguere chiaramente la pericolosità delle azioni. Serve un
essere umano. Bisogna allora garantire a queste persone
preparazione adeguata, strumenti più efficaci e tutelarle anche
a livello psicologico". C'è comunque, fra i cleaners, anche chi
sdrammatizza: una delle ragazze intervistate, molto religiosa,
spiega di aver visto tante scene di rapporti sessuali "da aver
iniziato a sognare peni... era diventata una mia piccola forma
di trasgressione".
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