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Francia promette, Africa riavrà le opere trafugate durante colonialismo

Francia promette, Africa riavrà le opere trafugate durante colonialismo

Decine di migliaia di oggetti. 'Ma non è come per la Gioconda'

PARIGI, 21 novembre 2018, 20:36

di Tullio Giannotti

ANSACheck

Quai Branly a Parigi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Quai Branly a Parigi - RIPRODUZIONE RISERVATA
Quai Branly a Parigi - RIPRODUZIONE RISERVATA

E' arrivato il tempo della restituzione: la Francia studia il modo di riparare al saccheggio degli anni del suo colonialismo, durante i quali furono portati a Parigi decine di migliaia di capolavori dell'arte africana, finiti in prestigiosi musei. La promessa di riparare alla spoliazione fu fatta da Emmanuel Macron, un anno fa, durante la sua visita in Burkina Faso.
    "Ma così il patrimonio venuto da lontano e accumulato in Francia sarà ora disperso non si sa dove? Dovremo - si chiede il direttore di Liberation, Laurent Joffrin, in un editoriale - restituire la Gioconda agli italiani e l'obelisco di place de la Concorde agli egiziani! Nulla di tutto questo, ovviamente".
    La quasi totalità del patrimonio africano - come sottolineò Macron nel suo discorso di Ouagadougou - è conservata oggi nell'emisfero nord del mondo. E la Francia ha preso coscienza di questa profonda ingiustizia e dell'urgenza di dover riparare: ha chiesto a due ricercatori universitari, la storica dell'arte francese Benedicte Svoy e l'economista senegalese Felwine Sarr, di preparare un rapporto. Che ora è pronto ed è sul tavolo di Macron. Il principio che è contenuto nella ricerca riguarda la destinazione di circa 90.000 opere d'arte africane custodite in musei nazionali francesi (gran parte nel museo del Quai Branly  inaugurato nel 2006 da Jacques Chirac, che ne ospita da solo 70.000): Parigi si impegnerebbe in una "riclassificazione" di tutte queste opere così da avere un quadro chiaro e finalmente "giusto". Tutti gli oggetti che sono stati portati via dai francesi senza l'esplicito o "molto probabile" consenso dei proprietari o di chi li custodiva, potranno essere restituiti ai paesi africani che ne faranno richiesta.

    Il lavoro e l'impegno, se tutto questo diventerà una procedura ufficiale, appare immane: sono compresi nelle opere da restituire non soltanto i frutti di saccheggi o i bottini di guerra ma anche gli oggetti raccolti e catalogati dagli etnologi, messi nello zaino dai soldati, tenuti come soprammobili e poi finiti nel trasloco di funzionari o missionari che - al rientro in Francia - li hanno affidati a questo o quel museo. E' il consenso, provato o presunto, a porre i problemi più delicati. Perché, fanno notare in molti, si rischia di cadere in una procedura dagli aspetti drastici, che considera come frutto di spoliazione o "bottino di guerra" qualsiasi oggetto, arrivando fino - come ipotizza Le Monde - a rinunciare ai "frutti di lavori commissionati ad artisti africani da amanti dell'arte europei".
    Resta poi l'interrogativo di come si comporterebbero gli altri musei, europei e di tutto il mondo, che vantano importanti collezioni d'arte africana. E che non si sentirebbero affatto tenuti a rispettare eventuali regole che il rapporto Savoy-Sarr detta alla Francia. 
   

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