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Clive Davis, così persi Whitney Houston

Clive Davis, così persi Whitney Houston

Da Janis Joplin a Santana il leggendario produttore musicale ci racconta la colonna sonora della nostra vita

12 luglio 2017, 21:11

Redazione ANSA

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Clive Davis e Whitney Houston. http://www.clivedavis.com/ - RIPRODUZIONE RISERVATA

Clive Davis e Whitney Houston. http://www.clivedavis.com/ - RIPRODUZIONE RISERVATA
Clive Davis e Whitney Houston. http://www.clivedavis.com/ - RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Alessandra Magliaro) Il merito fu di Janis Joplin e della incredibile atmosfera del Monterey Festival giusto 50 anni fa. Clive Davis era un avvocato, probabilmente di talento, del dipartimento legale della Columbia Records, appartenente alla Cbs ma l’esperienza di un mondo tanto distante da lui lo folgorò per sempre. 

A 85 anni questo leggendario produttore che ha fatto la storia della musica, scoprendo decine di talenti e collezionando hit da record, oltre a 5 Grammy e molti premi alla carriera, può dire di essere stato la colonna sonora delle nostre vite. S'intitola quasi così la sua autobiografia uscita nel 2013, e ora anche il documentario Clive Davis: The Soundtrack of Our Lives di Chris Perkel che ha aperto il Tribeca di New York ad aprile e che è stato proiettato a Ischia Global Fest nell'ambito di un tributo culminato con la consegna delle chiavi dell'isola.
A fine anni ’60 da presidente della Cbs Records aprì al rock e mise sotto contratto nomi come Bruce Springsteen, Santana, i Chicago, Billy Joel, i Pink Floyd e gli Earth Wind & Fire, Big Brother & The Holding Company. Lavorò con Bob Dylan, Simon & Garfunkel e negli anni ’70 fondò la Arista, un’etichetta che produsse Aretha Franklin, Dionne Warwick, Annie Lennox, Patti Smith, il rapper Sean Puffy Combs e soprattutto Whitney Houston. Decine sono i nomi incredibili e le canzoni legate alla sua carriera: da Peace of my Heart a Sound of Silence da Because the Night a Fallin, da I’ll never love this way again a I will always love you, da Maria Maria a Blinded by the light solo per citarne pochissime in ordine sparso. La storia di Davis costellata di successi e altre scoperte, come Alicia Keys o le giovani Kelly Clarkson e Carrie Underwood, vincitori di American Idol, il talent show musicale di cui è stato giudice per anni, “convinto che oggi l’accesso alla musica passi anche per quelle strade, diverse da quelle che abbiamo frequentato in passato ma che sarebbe profondamente sbagliato non considerare altrettanto valide”, prosegue ancora oggi. “Il mio amore per la musica è intatto” racconta in una conversazione con l’ANSA, raccontando il prossimo progetto con Bruno Mars e Adele.

L'emozione più grande e il dolore più grande di tutta la sua carriera hanno un nome di donna: Whitney Houston. Il documentario ne racconta la storia, la scoperta dell'artista appena adolescente, la certezza della "voce più bella del mondo", i grandissimi successi planetari, il declino, la morte quella tragica notte prima dei Grammy l'11 febbraio 2012 dopo aver partecipato ad una serata omaggio al sua padre artistico Clive Davis. Immagini da brivido, la sua ascesa e la sua caduta, tristissime, impossibile non commuoversi ancora. "Con me in quegli ultimi anni- rivela Davis - camuffava la sua dipendenza, metteva gli abiti più belli e preparava la voce prima di incontrarmi sapendo quanto fossi esigente, quanto volevo da lei sapendo che meraviglia di talento fosse. In quegli anni bui - dice Davis - non riuscivo a guardarla neppure, così magra, sofferente, devastata, mi faceva troppo male, le scrissi una lettera d'amore offrendole ancora una volta il mio aiuto e quando lei nel 2007 mi disse di essere di nuovo pronta a tornare sulle scene accettai e organizzammo l'uscita ai Grammy, clamorosa, con tutto il Madison in piedi con le lacrime a festeggiarne il ritorno. Che bella quella notte, non posso dimenticarla. Purtroppo la sua battaglia non era finita e 5 anni dopo ha trovato la pace e io ancora sono qui a dichiararle il mio amore".
Bisex dichiarato (fece scalpore la sua ammissione ospite della sua amica di sempre Oprah Winfrey ma ancora oggi è considerata una coraggiosa testimonianza simbolo per il mondo Lgbt), Davis è una personalità curiosa. L’aspetto, da giovane come ora, è quello di un composto signore in giacca e cravatta, lontanissimo dalle pose giovanilistiche dei coetanei del suo ambiente con il chiodo di pelle a 80 anni, mai diresti che convincendo Miles Davis ad inserire elementi elettrici nella musica del grande jazzista avrebbe dato il via alla nascita della fusion, per dire. La sua è una storia di passione – leggenda vuole e il film lo documenta che lo studio di Clive Davis è sempre aperto dalle 9 di mattina alle 2 di notte – e di grandissimo fiuto.

“Ama i suoi artisti” dice Patti Smith ed è molto esigente con loro, “con un controllo di qualità – dice Puffy – folle”.  Solo pochi giorni fa qui in vacanza in Italia la reunion amarcord con Bruce Springsteen.

Il filo che li lega tutti insieme è nelle parole di Santana, che deve alla produzione di Clive Davis, la sua svolta a livello di popolarità: “un grande muscolo ci unisce: l’immaginazione”. A fine anni ’90 la hit parade americana era incredibilmente targata Davis con oltre metà delle posizioni. Ha intuito la hip hop revolution, lanciato i primi rapper ed aveva già 60 anni!

“Ho rischiato ogni volta, non sapevo certo che sarebbero diventati successi – ci racconta il re mida della hit – ma quello che è sicuro è che sempre si è dato il meglio cambiando strada, senza restare ancorati al passato, sperimentando, mescolando ingredienti come alchimisti”. Se si può trovare un comune denominatore tra artisti e sound tanto diversi è però una chiave di ballabilità, orecchiabilità, che probabilmente è sempre stata la chiave di ogni successo commerciale.

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