(di Alessandra Moneti)- Vino da bere all'aperitivo più che ai pasti. Un tempo alimento corroborante per affrontare lavori di fatica, ora simbolo di uno stile di vita edonistico e conviviale. Il consumo del vino lungo la Penisola si è ridotto a neanche 40 litri a testa l'anno, meno della metà rispetto ai 100 litri pro capite degli anni Ottanta, ma ha un futuro, ed è in mano ai giovani in Italia come negli Stati Uniti. "Sono i giovani di età compresa tra 18-35 anni e che oggi bevono poco più del 10% sui consumi, la generazione su cui puntare per assicurare un futuro a questo comparto chiave per l'economia italiana" ha detto il responsabile Wine Monitor e direttore Area Agroalimentare di Nomisma Denis Pantini, in occasione di un incontro su "La Spergola, il vitigno ritrovato" al Senato.
Secondo un'indagine Wine Monitor, l'84% dei giovani italiani ha consumato vino in almeno un'occasione negli ultimi 12 mesi e il 35% ha bevuto vino quasi tutti giorni o più volte a settimana. I Millennials, ha precisato l'economista, consumano vino soprattutto nelle occasioni fuori casa presso ristoranti, enoteche, wine bar (55% contro il 22% dei BabyBoomers), durante pranzi e cene di divertimento con amici (il 65%), in occasioni speciali come compleanni/feste (49%) e all'aperitivo (46%). Il criterio che guida i giovani nella scelta di un calice è innanzitutto la tipologia e, in secondo luogo, il territorio di origine (indicato dal 21% come primo fattore determinante nell'acquisto). Inoltre i consumatori più giovani si dimostrano maggiormente influenzati dal packaging e dal consiglio di amici e negozianti e sono più attenti a caratteristiche che richiamano la "naturalità". In particolare secondo il 26% dei Millennials i trend di consumo del futuro guardano ai vini sostenibili, seguiti da quelli biologici con il 18%.
Anche oltreoceano si sta affermando il vino come status-symbol: a bere un calice di fine wines negli Stati Uniti, patria della birra, sono perlopiù enoappassionati ad alto reddito e elevato titolo di studio, che si informano su internet più sulla reputazione di una azienda vinicola, la sua capacità di fare innovazione e sostenibilità, che sui prezzi. Secondo una indagine su 2.400 consumatori di vino dei quattro Stati federali maggiori importatori di vino italiano (New York, Florida, New Jersey, California), presentata dall'Istituto Grandi Marchi e Nomisma Wine Monitor, il binomio "fine wine" e "Made in Italy" riscuote grande successo negli Stati Uniti: un terzo dei consumatori di vino indica "Italia" quando pensa ai produttori di vini di alta qualità, e Barolo, Amarone e Brunello di Montalcino i "fine wine" italiani più citati spontaneamente, così come Piemonte e Toscana sono le regioni che vengono più spesso ricordate, seguite da Veneto e Sicilia"..