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Vivere green, aree urbane wilderness, ritorno al bosco in città.

Vivere green, aree urbane wilderness, ritorno al bosco in città.

Carra (Italia Nostra), la cultura del verde può cambiare le periferie. Da Ny a Milano nuovi parchi

19 febbraio 2016, 11:11

Redazione ANSA

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Ex Polveriera Montello (Tv). Foto di Luigi Latini - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ex Polveriera Montello (Tv). Foto di Luigi Latini - RIPRODUZIONE RISERVATA
Ex Polveriera Montello (Tv). Foto di Luigi Latini - RIPRODUZIONE RISERVATA

''All'inizio, nel 1974, fu una sfida. Eravamo gli unici a credere nella battaglia per il verde urbano''. Più di 40 anni dopo quell'esperimento, il Boscoincittà, è invece cresciuto da 35 a 110 ettari di verde entrando nel Dna e nel quotidiano di una città architettonicamente votata al futuro come Milano. ''Il bisogno di tornare al bosco, però, anche in ambito urbano, resta - dice all'ANSA Luca Carra, che con Italia Nostra, di cui è consigliere nazionale, fu tra gli artefici del progetto - Non solo dal punto di vista ecologico, ma perché così si produce paesaggio''. (di Daniela Giammusso)

Proprio ''Sul ritorno del bosco'' si parla alle XII Giornate internazionali di studio sul paesaggio, il 18-19 febbraio alla Fondazione Benetton Studi Ricerche di Treviso. Due giorni con alcuni degli architetti che nel mondo stanno provando a cambiare il volto delle metropoli inserendo il bosco all'interno del tessuto urbano, da Peter Walker con le querce del Memoriale dell'11 settembre a New York a Thilo Folkerts, che invece studia come il bosco stia riconquistando gli spazi abbandonati dell'ex Polveriera di Montello (Tv). Perché il fenomeno, soprattutto in Italia, ha una duplice direzione, spiega Luigi Latini, presidente del Comitato scientifico della Fondazione Benetton: da un lato l'erosione di pascoli e campi un tempo coltivati lascia che la vegetazione avanzi, dall'altro intere regioni sono invece sconvolte dal disboscamento selvaggio.

Questo ritorno del bosco non attraversa soltanto la dimensione territoriale del paesaggio, ma sembra manifestarsi anche nelle città, dal disordine delle periferie ai giardini più accurati, con espressioni che raccolgono e attualizzano il significato di visioni culturali che da sempre individuano nel selvatico una parte imprescindibile del giardino e del paesaggio, oggi visibile nelle aspirazioni di una società che ritrova nella prossimità di un bosco una nuova qualità dell’abitare.

Il progetto milanese che rientrava in quegli anni '70 in un movimento europeo di wilderness che puntava, secondo la definizione di Richard Mabey a costruire un "paesaggio non ufficiale", perché la sua realizzazione non era dettata da un disegno predefinito, ''partì  - spiega Carra -come una sfida, con l'aiuto di volontari, Scout, associazioni. In 5-6 anni già si vedeva il bosco crescere. Così sono nate iniziative di educazione ambientale, percorsi ciclabili, aree a forte componente naturalistica. Oggi è una zona di Milano molto amata, che porta la cultura del verde tra i cittadini. E' una via anche per cambiare il modo in cui si vive la città - prosegue - A Berlino, ad esempio, molti passano parte delle vacanze al grande parco del Tiergarten. Ma fare solo un bosco non basta. La vera sfida oggi è ripensare tutta la città circondata da una cintura verde. Innanzitutto - spiega - perché così se ne argina la crescita incontrollata. Costruendo poi un sistema di aree verdi connesse, alcune più vivibili, altre più resistenti o destinate all'agricoltura, con dei 'raggi' che dall'esterno portino verso il centro, allora sì che si crea attrazione anche ai 'margini'. In questo modo si coltiva una cultura del verde e si cambia il volto e la vita delle periferie''.

L'impatto sarebbe ecologico (''si pensi solo alle polveri dell'aria abbattute''), ma anche economico. ''Uno studio della Bocconi - spiega il Consigliere - ha calcolato che a fronte dei 9 milioni di euro che Boscoincittà è 'costato' in 40 anni di vita, ne ha fruttati altri 40. Basterebbe già solo l'aumento del valore delle case di zona. E' una cultura che in Italia si sta diffondendo, ma purtroppo vince ancora la logica del mattone: il verde sull'immediato non rende quanto una casa o un parcheggio''.

Le regioni più virtuose in questo senso sembrano ''l'Umbria e la Toscana - dice ancora Carra - Anche Milano si sta muovendo, ma c'è molto da fare. Come a Roma, d'altronde: Villa Ada andrebbe molto risistemata. Di certo siamo lontani dai paesi del Nord Europa o dalla Germania, dove la quantità di verde urbano per abitante è circa il triplo del nostro''.

Nella sola Berlino sono diversi i boschi, a formare una rete ecologica imponente.Tra questi, il parco naturale di Südgelände, pianificato da un team di ricercatori, tra cui Ingo Kowarik, del Politecnico di Berlino, sull'area di una ex stazione ferroviaria dismessa nel 1952. In questo parco, di appena 18 ettari, sono presenti oltre 700 specie, tra piante, uccelli nidificanti, funghi, cavallette, ragni, api e vespe. Al suo interno, un percorso permette di visitare il bosco e i prati aridi, formatisi sul sedime abbandonato della ferrovia, oltre che le vecchie installazioni della stazione.

Ma il bosco, da sempre inserito anche nel modello del giardino all'italiana, dove parti più ''lavorate'' affiancavano altre più selvagge, sta tornando a essere anche fulcro architettonico di opere come il Bosco Verticale a Milano o il Memoriale dell'11 settembre a New York. ''E' un modo anche quello per avvicinare la cultura del verde - conclude Carra - E' un bene che l'albero venga riconsiderato un albero''. 

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