Cosa resta dell'antimafia dopo le
indagini che hanno svelato collusioni e condotte opache di chi
per anni è stato emblema della ribellione a Cosa nostra. Se ne è
discusso ieri, nella chiesa della Magione del capoluogo
siciliano, nell'ambito della serata organizzata da Inner Wheel
Palermo e ANSA, in ricordo dei giudici Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino assassinati 26 anni fa da Cosa nostra. Al dibattito,
seguito alla presentazione del docufilm dell'ANSA "L'eredità di
Falcone e Borsellino", curato da Giuseppe Di Lorenzo, Franco
Nicastro e Francesco Nuccio, hanno partecipato l'inviato del
Corriere della Sera Felice Cavallaro, gli ex magistrati Pietro
Grasso, già Procuratore nazionale antimafia, Giuseppe Ayala, pm
nel maxiprocesso a Cosa nostra, e il Procuratore generale presso
la Corte d'Appello di Palermo Roberto Scarpinato.
Il tema è attuale: negli ultimi due anni l'antimafia
siciliana è stata travolta da indagini clamorose. L'ultima ha
portato all'arresto dell'ex responsabile Legalità di
Confindustria, Antonello Montante, accusato di aver messo su una
sorta di rete di spionaggio per acquisire notizie su inchieste a
suo carico. Prima c'erano stati il caso Saguto, l'ex presidente
della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo
sotto processo per corruzione, e l'arresto del giornalista di
Telejato, per anni simbolo della ribellione alle cosche,
Giuseppe Maniaci, accusato di estorsione.
Ha parlato di "anniversario sconvolto dagli ultimi fatti"
Cavallaro. "Bisogna riflettere su come non bisogna fare
antimafia - ha detto - Occorre resettare tutto e capire che c'è
un diritto di critica su quel che fanno gli uomini, tutti gli
uomini. Dobbiamo controllarci tutti, non ci sono zone off
limits".
"Abbiamo destrutturato la mafia delle stragi. I boss sono
stati arrestati e condannati tutti. Manca Messina Denaro ma il
suo ruolo ai vertici di Cosa nostra è stato ridimensionato dalle
indagini - ha detto Grasso - I successi raggiunti sono
innegabili, ma la mafia non è debellata". Grasso ha parlato di
un mutamento di pelle di Cosa nostra: "La mafia ora si infiltra
e gestisce potete e crea relazioni con politici, economia e
pubblica amministrazione. Questa è la mafia di cui oggi dobbiamo
occuparci, quella che più che intimidire corrompe". L'ex capo
della Dna ha anche ammonito a non lasciare che gli ultimi
episodi "distruggano la cultura dell' antimafia".
Il lungo intervento di Scarpinato è stato incentrato sulle
tante "verità mancanti della storia italiana". "Il nostro è un
Paese che non sa la verità su Portella della Ginestra, che ha
inaugurato la strategia della tensione in Italia, o sulle stragi
neofasciste. Sappiamo però che a Bologna i Servizi depistarono.
Quello che è angosciante è però che i depistaggi non si sono
fermati. Basta pensare a quanto emerso sull'attentato a
Borsellino. Documenti spariti, falsi pentiti", ha detto.
"Tanti ancora sanno e tacciono - ha spiegato -. Basta pensare
ai fratelli Graviano, ma un Paese che non fa i conti col passato
non può capire il presente".
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