"C'è una innegabile emergenza di
tutela che riguarda il diritto-dovere di informare ed essere
informati in Italia. L'aumento di colleghi aggrediti, minacciati
e addirittura scortati dimostra che siamo entrati da tempo in
una zona rossa". Lo scrive su Liberainformazione Maria Grazia
Mazzola, inviata del Tg1 aggredita il 9 febbraio mentre stava
svolgendo una inchiesta sulla criminalità organizzata a Bari. La
prognosi, dopo lo schiaffo ricevuto dalla moglie del boss
Lorenzo Caldarola, la 44enne Monica Laera, è stata prolungata a
25 giorni. "Il giornalismo di inchiesta si pratica poco e
non è incoraggiato - sottolinea ora la giornalista -. Forse
infastidisce alcuni editori? Forse pesta i piedi ad alcuni
imprenditori o ad alcune cordate? Ci sono anche colleghi
addirittura malpagati, sfruttati, che lavorano gratuitamente o
ricattati con contratti part time da fame. L'autonomia e le
garanzie contrattuali sono indiscutibili per l'indipendenza di
un giornalista".
Mazzola spiega di essere stata aggredita "per una
dimostrazione pubblica a tutti i giornalisti italiani". "Qui i
giornalisti non devono venire - spiega Mazzola -. Qui nessuno
deve fare domande. Una lezione per mettere a tacere una
giornalista dell'altro Stato. Quello che si riconosce nella
Costituzione italiana. Eravamo su una strada pubblica con molte
persone presenti. In 30 anni di inchieste di mafia sono stata
minacciata, querelata, pedinata, mi sono state puntate le armi,
ma mai nessuno mi aveva aggredito dandomi un cazzotto. Mai.
Qualcosa significa".
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