L'uso "di un tono di voce alterato"
in classe con gli alunni "costituisce un mezzo lecito di
correzione" ed esprime il potere "di disciplina che ciascun
insegnante è chiamato a esercitare ai fini educativi e nel
rispetto della personalità dei propri alunni". Inoltre
"l'utilizzo occasionale" di appellativi come "ridicola" non può
essere considerato denigratorio in "assenza di reazioni di riso
da parte dei compagni". Lo scrive il gip Manuela Accurso Tagano
nell'ordinanza con cui archivia il caso di una maestra di una
scuola elementare di Milano denunciata nel febbraio dell'anno
scorso dai genitori di una bambina per abuso di mezzi di
correzione in quanto, hanno sostenuto, l'atteggiamento
dell'insegnate, a loro avviso "aggressivo", avrebbe creato uno
"stato d'ansia" nella figlia, già fragile, "compromettendo anche
il rendimento scolastico".
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