"La memoria del procuratore Gaetano
Costa e di tanti altri va conservata perché ci racconta che c'è
ancora una sfida aperta, forte, drammatica". Lo dice Claudio
Fava, presidente della commissione regionale antimafia, in
margine alla commemorazione di Costa.
"Ho la sensazione - aggiunge - che ci sia però un errore di
prospettiva. Il fatto che Cosa nostra abbia scelto in questi
anni un profilo basso, meno rumoroso e meno clamoroso, ha
portato taluni a pensare che la lotta alla mafia fosse
un'occasione per passerelle, carriere, autocertificazioni e non
per una militanza civile e per un impegno verso la politica e
non soltanto verso la giustizia".
"Invece - prosegue Fava - questo è il tempo di darsi da fare
senza lasciare ai magistrati il compito di risolvere loro ogni
problema. Se la politica decidesse una volta tanto di arrivare
il giorno prima e non il giorno dopo lo scioglimento di un
comune, il giorno dopo una sentenza o un rinvio a giudizio, se
cominciasse ad assumersi la responsabilità di anticipare,
prevedere e prevenire faremmo buon uso anche della memoria di
persone come il procuratore Costa".
Riprendendo il questore Renato Cortese, secondo cui non ci
sarà magari la mafia stragista ma è ancora forte, Fava dice:
"Sono d'accordo con il questore profondo conoscitore delle cose
siciliane. La mafia è diventata un sistema di potere. E sono
questi sistemi a essere seducenti: brillano, concedono
benevolenza, garantiscono protezione. E' una mafia che non fa
stragi, è vero, ma organizza convivi, salotti, affari,
garantisce carriere politiche, gestisce il sistema della spesa
pubblica. È quindi una mafia che crea consenso. E oggi è una
mafia paradossalmente più pericolosa di quella stragista di
Corleone che creava terrore ma non consenso".
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