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Un libro sul linguaggio della mafia

Tra scritto, parlato e non detto nel segno della continuità

Redazione ANSA PALERMO

(ANSA) - PALERMO, 11 DIC - All'inizio erano le lettere di "scrocco". Poi arrivarono i "pizzini" di Bernardo Provenzano, quindi i messaggi televisivi, le dichiarazioni di Totò Riina e l'uso dei social. Il linguaggio della mafia è passato attraverso vari codici e varie forme, si è evoluto ma ha sempre svolto una funzione di mantenimento del potere. Per Giuseppe Paternostro, ricercatore di linguistica dell'Università di Palermo, i cambiamenti sono processi di adattamento comunicativo ai tempi e al "milieu" culturale in cui il mafioso esercita il suo controllo. L'analisi viene sviluppata da Paternostro nel libro "Linguaggio mafioso - scritto, parlato e non detto", che inaugura la collana saggi di AutAut edizioni (pagine 170, euro 15). L'excursus storico parte dai primi anni del '900 e si conclude nel 2017 con le ultime interviste rilasciate dai figli di Provenzano e di Riina e con le frasi postate nei profili social. La ricerca su gergo mafioso rivela così che il "baccagghiu" ha una funzione aggregante e al tempo stesso esclusivo delle cosche, rimarca la distanza dalla società, tiene aperto un dialogo tra i membri dei clan. Tutto serve a proteggere la riservatezza delle comunicazioni interne. I messaggi verso l'esterno passano invece attraverso un uso strumentale dei media. Benché sgrammaticati e semianalfabeti, i boss riescono a costruire una rete comunicativa efficace in grado di ribaltare il valore di parole come "onore", "famiglia", "umiltà", "amicizia" e "verità". Oppure, come dice Pietro Grasso ex procuratore nazionale antimafia, Cosa nostra usa "a proprio vantaggio mezzi di informazione" riuscendo, per esempio, ad "avvisare chi si deve difendere da un'indagine o deve fare sparire delle prove". Questi metodi rivelano che oggi la mafia ha adattato il proprio linguaggio nel segno della continuità con il proprio passato. Tecnica che, secondo Paternostro, le ha consentito di "attraversare un secolo e mezzo di storia unitaria". (ANSA).
   

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