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Treccani a "Trame", ci hanno rubato anche le parole

Istituto enciclopedico a Festival Lamezia Terme, trasformati negativamente vari termini

Redazione ANSA LAMEZIA TERME (CATANZARO)

(ANSA) - LAMEZIA TERME (CATANZARO), 24 GIU - Le mafie? Ci hanno rubato anche le parole. E' il senso della mostra organizzata a Lamezia Terme dall'Istituto dell'enciclopedia italiana Treccani nell'ambito di "Trame", il Festival di libri sulle mafie che si conclude domani dopo cinque giorni di dibattiti, mostre ed iniziative.
    La mostra, allestita con totem esposti in vari siti, rivela i danni anche inconsci provocati dalla mafia. Su ciascun totem, infatti, campeggiano alcuni vocaboli perlopiù positivi cui le mafie, col tempo, hanno attribuito un'accezione negativa. Per esempio: il significato del termine "onore", che Treccani, letteralmente, identifica come un valore positivo che ha a che fare con la dignità personale e la considerazione altrui, é stato trasformato negativamente in termini come "uomo d'onore", e cioé l'affiliato alla camorra, alla mafia o ad altre associazioni a delinquere, cui è legato da un giuramento che lo impegna a difesa dell'onore comune e all'osservanza della stretta omertà.
    Stesso destino per il termine "famiglia", intesa non più solo la "comunità umana, diversamente caratterizzata nelle varie situazioni storiche e geografiche ma in genere formata da persone legate fra loro da un rapporto di parentela, di affinità, e che costituisce l'elemento fondamentale di ogni società". Nell'accezione mafiosa la famiglia di trasformata in "associazione costituita in genere da componenti, parenti e amici di una stessa famiglia, che rappresenta il raggruppamento immediatamente inferiore alle cosca".
    Ma le parole che la mafia ha rubato alla nostra lingua sono tante e nobili, come "amico", "avvertimento", "clan", "cupola", "mazzetta", "padrino", "picciotto", "piovra", "rispetto". Un danno indiretto, sicuramente meno drammatico rispetto ad omicidi e stragi, ma che provoca un cambiamento culturale in tutti quelli che usano la nostra lingua. Un uso che, come ha ricordato Giuseppe Patota, professore di Storia della lingua italiana all'Università di Siena-Arezzo ed "Accademico della Crusca", "la mafia ha fatto selezionando parole funzionali all'immagine che voleva dare di sé. Ha scelto termini come 'amico' e 'famiglia' perché le facevano comodo non potendo certo parlar male di se stessa. Il danno culturale che ne viene all'Italia è enorme".
    E domani "L'inganno delle parole" diventerà a Trame anche un reading in anteprima: Lina Sastri, infatti, leggerà un testo, realizzato in collaborazione con l'Enciclopedia Treccani da Gaetano Savatteri, giornalista e direttore artistica di Trame, che mostrerà proprio questo terribile cambiamento del nostro vocabolario comune. (ANSA).
   

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