- ROMA - La figura di Mauro Rostagno, giornalista, sociologo
e attivista, stroncato a 46 anni da un agguato mafioso, entra
nel dizionario degli italiani Treccani. Nell'88° volume del
Dizionario Biografico degli Italiani (ROBUSTI - ROVERELLA),
edito dall'Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani e da
pochi giorni pubblicato, compare infatti la biografia di questo
personaggio particolare, alternativo per molti versi, capace di
inseguire per tutta la vita ideali sociali e civili.
La voce, realizzata da Maria Pia Bigaran, ripercorre tutte le
principali tappe della vita di Rostagno, dalla nascita a Torino
il 6 marzo 1942 al primo matrimonio appena diciassettenne con
Maria Teresa Conversano, dalla iscrizione alla neonata facoltà
di Sociologia a Trento (dove conobbe Marco Boato, Luigi Chiais,
Renato Curcio) al contributo (con Luigi Bobbio, Enrico Deaglio,
Guido viale, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani) alla nascita
del gruppo della sinistra extraparlamentare Lotta continua.
Fin dall'inizio quella di Mauro Rostagno fu una vita di
"rottura": già a Trento fu prima promotore della "università
negativa", un gruppo di studio che rileggeva testi ignorati nei
corsi di laurea e ne redigeva di originali; poi, nominato
preside della facoltà Francesco Alberoni, della "università
critica", una forma di cogestione in chiave riformatrice che si
sviluppò nella messa a punto di forme e contenuti alternativi
della didattica.
Rostagno definì l'esperienza in Lotta continua, che lo portò
a vivere per qualche tempo a Palermo come responsabile regionale
del movimento e dove, insieme a Peppino Impastato, organizzò la
protesta dei disoccupati senza tetto e l'occupazione della
cattedrale cittadina, e in generale l'esperienza e le tensioni
del Sessantotto. Dopo lo scioglimento del movimento nel maggio
1976, iniziò una nuova fase della sua vita che lo vide fondatore
a Milano del centro Macondo (dal nome del villaggio dove lo
scrittore Màrquez aveva ambientato il romanzo Cent'anni di
solitudine): una fabbrica dismessa venne trasformata in uno
spazio che rappresentò la parte alternativa, eterogenea,
informale e creativa di un movimento generato dalla dissoluzione
delle organizzazioni politiche della nuova sinistra (da qui due
slogan di Mauro Rostagno, "disgregazione è bello" e "dopo Marx,
aprile").
Arrestato - durante una perquisizione a Macondo furono
trovati pochi grammi di hashish - e chiusa anche questa fase
della propria vita, Rostagno si avvicinò alla predicazione del
guru indiano Bhagwan Shree Rajbeesh (noto come Osho) e, con la
seconda moglie Chicca (Elisabetta Roveri) e la figlia Maddalena,
nel 1979, con il nome di Sanatano (eterna beatitudine), andò a
vivere nella comunità di Puna, dove trascorse il tempo
dedicandosi a lavori umili, al giardinaggio e alla meditazione.
Tornato in Italia nel 1981, andò a vivere a Lenzi di Valderice
(Trapani) dove, insieme a Francesco Cardella, fondò la comunità
di Saman, destinata a trasformarsi in una struttura di recupero
per tossicodipendenti, non autoritaria ma fondata su "un patto
tra uomini liberi". Questa ultima fase della vita di Mauro
Rostagno fu caratterizzata da un forte impegno civile che si
tradusse nella sua attività di redattore di RTC (Radio tele
cine); nei suoi servizi affrontò i problemi concreti della
provincia e denunciò, nello specifico dei fatti di cui veniva a
conoscenza, le pratiche mafiose insieme alla corruzione
dell'amministrazione e del ceto politico. Venne assassinato il
26 settembre 1988: quello che fu subito chiaro alla gente
comune, e cioè che il mandante dell'omicidio fosse Cosa nostra,
divenne sentenza solo dopo 26 anni dall'assassinio: furono
condannati due esponenti della mafia trapanese, Vincenzo Virga e
Vito Mazzara.
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