Eliminare la norma è "un errore a cui
va posto rimedio; anche il presidente Gentiloni si è espresso in
tal senso, quindi auspico che lo si faccia tempestivamente".
Così il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in una
intervista a Liberainformazione.org, interviene sulla modifica
al Codice Appalti che ha cancellato i poteri che consentivano
all'ANAC di intervenire nei casi di irregolarità in via
preventiva
Al neo presidente dell'ANM Eugenio Albamonte che ha criticato la
scelta dell'esecutivo di porre la fiducia sul ddl di riforma del
processo penale, Orlando risponde che "il disegno di legge è
stato ampiamente discusso sia alla Camera, nel passaggio in
Commissione e in Aula, che al Senato, il cui lavoro in sede
referente è stato lungo, complesso e molto approfondito. La
questione di fiducia non è stata posta per mortificare il
dibattito, ma per la consapevolezza che le condizioni politiche
della maggioranza non avrebbero favorito una discussione
costruttiva, potenzialmente migliorativa, della riforma, che è
assolutamente necessaria per un serio recupero di efficienza del
sistema della giustizia penale".
Sullo stato delle carceri, Orlando osserva che "segnali di
controtendenza ci sono stati: stiamo cambiando il carcere e il
modello di esecuzione della pena, allineandoci agli altri gradi
Paesi Europei. Abbiamo superato l'emergenza. Evitato la condanna
della CEDU, che ha riconosciuto i nostri sforzi e ci ha indicati
come un modello per altri Paesi con problematiche di
sovraffollamento. Abbiamo aumentato l'utilizzo della misure
alternative alla detenzione: prima che arrivassi a via Arenula
il rapporto era 4 detenuti per un soggetto a misura alternativa,
adesso il rapporto è 3 a 2".
Infine, al giornalista che sottolinea come la drammatica
storia di Maria Rita Lo Giudice (la giovane calabrese
appartenente ad una famiglia ndranghetista che dopo la laurea e
un percorso di "emancipazione" dal proprio contesto familiare
si è uccisa nelle scorse settimane ndr) impone una risposta da
parte delle istituzioni per tutte quelle situazioni che, ad
oggi, non sono codificabili nelle figure dei collaboratori e dei
testimoni di giustizia, offrendo prospettiva di vita a chi
intende rompere con il suo passato, ma allo stesso tempo non
abbia nessun contributo da offrire alla giustizia, perché
all'oscuro delle vicende criminali dei propri congiunti, il
ministro dice di "condividere questo approccio". "Dobbiamo fare
in modo che chi vuole rompere i legami con le organizzazioni
mafiose venga sostenuto dallo Stato. Rompere quei legami è un
gesto di grande coraggio. Lo Stato - conclude il Guardasigilli -
non può lasciare solo chi decide di intraprendere quel percorso,
anche se non è in grado di dare un contributo diretto alle
indagini".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA