"Devo dire con tranquillità che mi
piacerebbe tanto che i nostri studenti rimanessero a studiare in
Italia, il mio impegno va anche in questa direzione": lo ha
detto nel corso di un Forum all'ANSA Stefano Ruffo, direttore
della Sissa (Scuola superiore di studi avanzati) di Trieste.
"Questo auspicio va di pari passo con il mio impegno
professionale di tutti giorni, anche perché - ha tenuto a
sottolineare - non ho problemi a competere con le altre scuole
internazionali (il Sant'Anna di Pisa e la Normale di Pisa, lo
Ius di Pavia, l'Imt di Lucca e il Gran Sasso science Institute a
L'Aquila) per cercare di mantenere quanto più alto possibile
l'appeal dell'istituto che dirigo".
"Cercare di competere nell'ambito dei nostri atenei non è
semplice - ha aggiunto Ruffo - basti pensare che i sei istituti
di studi avanzati attivi in Italia costano allo Stato circa 100
milioni di euro, contro i 7 miliardi di tutto il resto
dell'ambito formativo. Per non parlare del miliardo di euro che
in Francia il governo destina ogni anno all'agenzia nazionale
per la ricerca. Quindi direi che per dimostrare ai nostri
studenti che è possibile tranquillamente studiare, e bene, nel
nostro Paese, è necessario avviare un piano di recupero
nell'arco dei prossimi 5-10 anni destinato al personale che si
occupa di ricerca, formazione e educazione".
Un Istituto come la Sissa è disponibile a soddisfare la
curiosità del mondo delle professioni e non solo di quello
puramente accademico. Lo spiega con chiarezza Ruffo quando
ricorda "di aver lavorato a lungo con il personale docente e con
i ricercatori del suo istituto per far comprendere al meglio
l'impatto dell'istituto sulla società. Ad esempio abbiamo
lavorato insieme alla Confindustria del Friuli Venezia Giulia -
che nel frattempo aveva scritto alle piccole e medie imprese
della regione per comprendere in profondità le nuove necessità
aziendali - e alla fine abbiamo selezionato una trentina tra
studenti e ricercatori che hanno operato sul campo, e due di
loro sono stati assunti e 6 hanno ricevuto altrettante offerte
di lavoro. E questo nonostante il fatto che gran parte dei
nostri allievi al termine del corso di studi non scelga poi la
carriera accademica".
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