Uruguay, Mujica, leader fuori da schemi

Figlio di un piccolo possidente terriero milito' nei tupamaro

Redazione ANSA MONTEVIDEO
(di Javier Fernandez) (ANSA) - MONTEVIDEO - Il suo linguaggio non è diplomatico, il suo stile non è protocollare, ma è appunto per questo che José Mujica, l'ex guerrigliero tupamaro ed ex presidente dell'Uruguay (2010-2015) è diventato un personaggio noto a livello globale, un simbolo vivente di un altro modo di fare politica, una alternativa alla leadership in un mondo dove bolle la ribellione contro le "caste".

Con 80 anni di età Mujica - che tutti nel suo Paese chiamano El Pepe, un primo segno del suo stile - ha vissuto in prima persona molti dei fenomeni cruciali della storia recente dell'Uruguay: la crisi dei cosiddetti "partiti tradizionali" (il blanco e il colorado), la lotta armata negli anni '60, la spietata repressione militare nei '70, il ritorno alla democrazia negli '80 e l'arrivo della sinistra al potere.

Discendente di galiziani e liguri - come una alta percentuale di uruguaiani - Mujica è figlio di un piccolo proprietario terriero dal quale ha ereditato la "chacra" (piccola azienda agricola) nella quale vive ancor oggi, e la passione per la politica, nel suo caso nelle fila del Partido Nacional (il "blanco"), tradizionalmente più vicino alle popolazioni rurali.

Nei primi anni '60, però, insieme ad altri militanti provenienti dalla sinistra socialista, il cristianesimo impegnato e gruppi anarchici, scelse la via della lotta armata nel Movimento di Liberazione Nazionale Tupamaros (Mln-T), una organizzazione che a causa della sua atipicità - guerriglia urbana e non rurale, in contesto democratico e non dittatoriale - diventò un modello ammirato, discusso ed imitato in tutta la galassia della sinistra rivoluzionaria mondiale.

Mujica partecipò in molte delle operazioni più eclatanti dei tupamaros, fu arrestato tre volte, evase due, risultò ferito in scontri a fuoco con le forze di sicurezza e al momento della sconfitta militare del Mln, verso la fine del 1972, diventò uno dei prigionieri detenuti come "ostaggi" dai militari, per evitare nuove azioni di guerriglia. E così gli anni della dittatura uruguaiana (1973-85) furono per El Pepe una lunga prova di resistenza: rinchiuso durante anni in condizioni disumane, imparò a non disperare, a non cedere alla follia, mantenendo una ferrea disciplina mentale che gli risultò utile quando, liberato con il ritorno alla democrazia, si ritrovò a fare i conti con un passato di lotta violenta nel quale, come lui stesso ha ammesso, "ci eravamo sbagliati su quasi tutto". Così il vecchio tupamaro rinuncia alle armi e torna alla politica "tradizionale", prima creando un partito integrato nel Fronte Ampio -la coalizione di sinistra- e poi scalando posizioni (deputato, senatore, ministro) e diventando il dirigente più popolare del paese, in base alla sua immagine di austerità personale e la sua riputazione di pochi peli nella lingua. Allergico alle cravatte -e d'estate anche ai calzini- famoso perché andava al Parlamento in motorino e non ha mai voluto disfarsi del suo Maggiolini del 1984 ("un regalo di cari amici, mica posso buttarlo") Mujica ha cominciato a creare la sua leggenda durante il primo governo del Fronte Ampio (2005-2010) per poi cavalcarla trionfalmente fino ad arrivare alla presidenza dell'Uruguay.

Famoso all'estero per la legalizzazione dell'aborto, il matrimonio gay e l'annunciata riforma della regolamentazione della marijuana, Mujica è visto con meno ammirazione nel suo Paese, principalmente perché i due grandi obbiettivi che si era posto da presidente -la riforma dell'amministrazione pubblica e dell'istruzione- sono stati completati solo in minima parte.

Non che questo abbia minimamente scalfito il suo carisma globalizzato, estesosi a macchia d'olio soprattutto in base a una serie di discorsi che hanno fatto sensazione su YouTube: quello all'Assamblea Generale dell'Onu nel 2013, per esempio, ("abbiamo sacrificato i vecchi dei immateriali e abbiamo occupato il tempio con il Dio mercato") o quello al Vertice per lo Sviluppo Sostenibile di Rio nel 2012 ("siamo noi a governare la globalizzazione o è lei che ci governa a noi?"). Il resto è parte ormai del mito: versa l'80% del suo stipendio a programmi sociali, continua a vivere nella sua modesta "chacra" fuori Montevideo con la sua compagna degli anni rivoluzionari, Lucia Topolansky, e la sua cagnetta con tre zampe, Manuela. E non intendere vendere il suo Maggiolino. O cominciare a parlare e comportarsi come un leader politico qualunque.((ANSA).

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