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Nucleare: Kyoto Club, Sogin prolunga bonifiche e alza costi

Critiche da vicepresidente ong in Commissione Ambiente Senato

Redazione ANSA ROMA

"Nonostante siano passati oltre 30 anni dalla chiusura delle centrali atomiche, il nostro Paese è ancora fermo nelle attività di bonifica, individuazione dei depositi per i rifiuti e smantellamento (decommissioning) dei siti nucleari". A lanciare la denuncia è Francesco Ferrante, Vicepresidente della ong ambientalista Kyoto Club, nel corso di un'audizione alla Commissione Industria del Senato.

Sul banco degli imputati c'è Sogin, la società pubblica incaricata del decommissioning. Per Ferrante negli ultimi 10 anni è stata responsabile di "un continuo procrastinarsi degli impegni presi, accompagnato ad un costante aumento delle spese previste". Nel 2008, Sogin presentò un piano in cui il decommissioning si sarebbe dovuto concludere entro il 2019, con una spesa totale di 4,5 miliardi. Oggi l'ammontare previsto dalla stessa Sogin è lievitato sino a 7,2 miliardi, e la fine del decommissioning è slittata al 2036, di 17 anni.

Ferrante ha accusato Sogin di non riuscire a spendere i soldi preventivati, allungando così i tempi dei lavori e facendo lievitare i costi: "Nel 2001 il costo previsto relativo del piano al 2019 ammontava a circa 4,3 miliardi di euro. Ma per ammissione degli stessi dirigenti di Sogin, i soldi spesi sarebbero circa un quarto. Nel 2016 e il 2017 sono state eseguite solo il 30% delle attività previste".

Per Ferrante i costi fissi della Sogin (stipendi, mantenimento in sicurezza dei siti, funzionamento) "continuano a lievitare, e lo scorso anno hanno battuto il record, superando i 130: più del doppio delle risorse concretamente spese per fare il lavoro che Sogin dovrebbe fare, mettere in sicurezza siti e scorie. Quindi ogni anno di ritardo fa aumentare i costi di circa 130 milioni".

Il vicepresidente di Kyoto Club ha citato infine il caso dell'impianto nucleare di Saluggia (Vercelli), che contiene rifiuti radioattivi liquidi ed è a rischio esondazione. La bonifica, chiesta nel 2001 dall'allora presidente dell'Enea Carlo Rubbia, è ancora in alto mare. L'anno scorso Sogin si è infilata in una bega giudiziaria con l'impresa appaltatrice Saipem (anch'essa pubblica), che ha bloccato tutto.

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