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Greenpeace, ecco quanto inquina il carbone europeo

Wwf, in Italia 12 centrali che possono essere chiuse subito

Redazione ANSA

Greenpeace e Wwf lanciano un appello all'Eruopa per dire stop al carbone, fra i maggiori imputati delle emissioni di gas a effetto serra.

Se davvero vogliono contrastare i cambiamenti climatici, i leader europei devono accelerare la dismissione degli impianti a carbone, è la conclusione del rapporto “Fine di un’era: perché ogni Paese europeo deve pianificare l’uscita dal carbone” pubblicato da Greenpeace.

Il rapporto mostra che le emissioni delle centrali a carbone europee, nella maggior parte dei casi molto vecchie, dovrebbero diminuire tre volte più velocemente di quanto previsto dall’Unione per essere in linea con gli sforzi globali necessari a calmierare la febbre del pianeta.

Basandosi sul più completo database delle centrali a carbone europee, gli analisti del think tank Sandbag e del Climate Action Network (CAN) hanno quantificato le emissioni di CO2 rilasciate dalle 280 centrali operative in Europa che nel 2014 sono state 762 milioni di tonnellate, pari a quasi un quinto (18%) delle emissioni europee di gas serra, poco meno del totale delle emissioni dei trasporti su strada dell’intera Europa (21%).

In Italia il carbone contribuisce per circa il 12% alla produzione nazionale di energia elettrica. Una quota modesta, osserva Greenpeace, specie per un Paese con un potenziale produttivo che eccede largamente la domanda, ma corrispondente all'emissione di 39 milioni di tonnellate di CO2, più di quelle dei settori dell'acciaio e del cemento messi insieme.

Nella nuova edizione del rapporto ‘Carbone: un ritorno al passato inutile e pericoloso’, il Wwf si sottolinea che ‘attualmente in Italia sono in funzione 12 centrali a carbone alcune delle quali sono vecchie, usano tecnologie obsolete e sono attive nel bel mezzo di aree urbane densamente abitate. Questi impianti nel 2014 hanno contribuito a soddisfare solo il 13,5% del consumo interno lordo di energia elettrica con circa 45.104 GWh, ma hanno emesso oltre 39 milioni di tonnellate di CO2 corrispondenti a quasi il 40% di tutte le emissioni del sistema elettrico nazionale. L’Italia è il Paese che potrebbe chiudere da subito con il carbone, considerato che - dice il Wwf - la potenza installata è più che doppia rispetto al picco massimo dei consumi mai raggiunto, mentre le rinnovabili hanno assunto un ruolo sempre più importante.

Secondo gli esperti dell'Agenzia internazionale dell'energia (Iea), le emissioni di CO2 derivanti dalla combustione di carbone - ricorda Greenpeace - dovrebbero diminuire dell’8% all’anno fino al 2040 per far sì che l’innalzamento della temperatura globale rimanga entro la soglia di sicurezza di 2°C. Il rapporto, commissionato da Greenpeace UK e CAN Europe, sprona i leader europei a prendere coscienza dell’inquinamento causato dal carbone e ad approvare piani energetici basati su tecnologie più pulite. «Dal Canada alla Finlandia fino al Regno Unito, i leader delle economie più avanzate stanno dimostrando che è possibile fissare una data per la fine dell’era del carbone», ha dichiarato Wendel Trio, direttore di CAN Europe. «Abbiamo bisogno che il summit di Parigi produca un accordo forte per accelerare l’uscita dal carbone in tutta l’Europa».

Con il rapporto pubblicato in occasione della Cop21, il Wwf lancia la sfida: l’Italia rinunci al carbone, fissando una data per la chiusura dell’ultima centrale entro il 2025, come giá fatto da Regno Unito e Austria.

E’ il carbone tra tutti i combustibili fossili quello che minaccia di più la nostra salute rilasciando in atmosfera, nei terreni e nelle acque, le maggiori quantità di inquinanti a parità di energia prodotta, oltre ad essere la principale minaccia per il clima del pianeta - rileva il Wwf - visto che le emissioni di CO2 provenienti dalla combustione del carbone arrivano a essere del 30% superiori a quelle del petrolio e del 70% superiori a quelle del gas naturale.

Se si chiudessero tutte le centrali elettriche alimentate a carbone in Europa si eviterebbero oltre 18.200 morti ogni anno, si risparmierebbero 2.100.000 giorni di cure farmacologiche e fino a 42,8 miliardi di euro l’anno in costi sanitari, secondo quanto riferito dall’associazione europea Heal - Healt and Enviroment Alliance.

Con una potenza installata di oltre 121.762 MW (dato Terna per l’anno 2014), a fronte di una punta massima della domanda di 59.126 MW (toccata nella calda estate 2015), l’Italia dispone di una sovra capacità di produzione di energia elettrica con impianti costretti a funzionare a scartamento ridotto o addirittura a stare fermi, osserva l'associazione del Panda. Il nostro Paese potrebbe quindi facilmente fare a meno del tutto del carbone. Tanto piú che, osservando la crescita delle rinnovabili in Italia, scopriamo che mentre nel 2007 (di fatto prima che il fotovoltaico decollasse grazie al conto energia) producevano 49.411 GWh, coprendo appena il 13,9% dei consumi interni lordi (elettrici), nel 2014 le rinnovabili hanno raggiunto il 37,5%: il loro contributo è quindi cresciuto in modo vertiginoso in soli pochissimi anni, fatto questo che ci fa comprendere come il settore abbia enormi potenzialità e, se adeguatamente agevolato (non necessariamente con ulteriori incentivi economici), sarebbe in grado di sostituire tutta la produzione elettrica da carbone italiana in meno di un decennio.

Il consumo di carbone nel mondo deve iniziare a diminuire entro il 2020 per essere completamente eliminato dal sistema energetico globale necessariamente prima del 2050. La transizione energetica dovrà, dunque, essere raggiunta attraverso un rapido passaggio a una fornitura di energia rinnovabile al 100% e sostenuta da massicci investimenti in efficienza energetica. 

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