Quotidiano Energia - Proprio mentre la nuova Commissione Ue di Ursula Von der Leyen mette il clima al centro del prossimo mandato quinquennale, la Banca europea per gli investimenti (Bei) lancia un allarme proprio sull’inadeguatezza della spesa comunitaria nel settore.
Nella Relazione sugli investimenti 2019/2020, presentata ieri, la Banca avverte infatti che, “a dispetto dei notevoli progressi realizzati”, le spese per l’azione climatica all’interno della Ue “accusano tuttora un ritardo rispetto alla tabella di marcia”.
In particolare, nel 2018 l’Unione ha investito nella mitigazione dei cambiamenti climatici 158 miliardi di euro (-7% rispetto all’anno precedente), pari all’1,2% del Pil, contro l’1,3% degli Stati Uniti e il 3,3% della Cina. Gli investimenti nel settore hanno rappresentato l’anno scorso il 5,8% degli investimenti totali Ue, mentre negli Usa si sono attestati al 6,2% e in Cina al 7,8%.
E “se è vero che sono gli Stati Uniti a guidare la classifica della spesa in ricerca e sviluppo, la Cina ha recentemente quadruplicato i suoi investimenti superando la Ue”. Gli States hanno speso nel 2018 quasi 12 mld € nella R&S per l’energia pulita, il gigante asiatico 8,6 mld € e il Vecchio Continente 7,5 mld €.
Alla luce dell’importanza che le tecnologie non ancora mature rivestiranno nella fase di transizione, la Bei sottolinea che “i risultati non particolarmente esaltanti della Ue nell’ambito delle attività di R&S legate al clima costituiscono una minaccia per la competitività del continente”.
Per conseguire l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni entro il 2050, l’Unione deve dunque innalzare il livello complessivo degli investimenti nel proprio sistema energetico e nelle relative infrastrutture dal 2 al 3% del Pil.
Il Rapporto Bei (disponibile in allegato) si sofferma anche sulla tassazione energetica, che “influenza gli investimenti nelle energie pulite”.
Nella Ue le tasse costituiscono mediamente il 60% circa del prezzo della benzina e il 10% di quello dell’elettricità e del gas, assicurando un trattamento preferenziale ai prodotti energetici low carbon, mentre in Cina l’uso dell’energia è in gran parte non tassato e negli Usa i fossili impiegati in tutti i settori tranne che nel trasporto stradale non sono gravati da tasse federali. Ma mentre Washington ha aggiornato più volte la fiscalità sull’energia, rileva la Banca, la Ue è ancora ferma alla direttiva Etd del 2003, con la conseguenza che “la tassazione energetica europea non è in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi per il clima e l’energia”.
“Dobbiamo accelerare gli investimenti per poter sfruttare appieno i benefici della rivoluzione digitale, realizzare i nostri obiettivi climatici e ricostruire la coesione sociale in Europa”, ha commentato la direttrice del dipartimento Affari economici della Bei, Debora Revoltella, presentando la Relazione.