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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

Batterie Ue: “strategia da rafforzare, rischio delocalizzazione industria auto”

L’allarme del Comitato economico e sociale europeo (Cese): “Governi stimolino gli investimenti”. Il nodo materie prime e l’importanza del riciclo (articolo di Quotidiano Energia)

Quotidiano Energia - Il Comitato economico e sociale europeo (Cese) “appoggia il piano d'azione strategico sulle batterie presentato dalla Commissione europea”, ma avverte che bisogna “rafforzarlo e attuarlo in tempi rapidi se si vuole evitare il possibile trasferimento degli stabilimenti di produzione delle case automobilistiche al di fuori della Ue”. È questo fulcro del parere che l’organo consultivo dell’Unione ha adottato nella sessione plenaria dei giorni scorsi, evidenziando il “rischio concreto che ampie sezioni dell'industria” si spostino “nelle regioni, perlopiù asiatiche, vicine alle unità di produzione delle batterie”.
“La posta in gioco è molto alta: ne va del posto di lavoro di circa 13 milioni di addetti europei”, spiega il relatore del testo, Colin Lustenhouwer, “tra i responsabili politici, il mondo scientifico e le imprese si percepisce chiaramente un diffuso senso di urgenza. Si rendono conto che è tardi, se non addirittura troppo tardi”.

“Negli anni a venire la Ue dovrà fare molto di più per sviluppare il settore, concentrandosi sugli investimenti e sull'innovazione”, insiste il Cese, “le misure da adottare dovranno essere volte a portare le conoscenze tecnologiche al livello richiesto per garantire l'approvvigionamento dei materiali di base da Paesi terzi e da Paesi europei e per far sì che il riciclo delle batterie avvenga in modo sicuro e pulito”.
Secondo il Comitato, i tempi di rientro del capitale investito nel settore “vanno da 20 a 30 anni” e pertanto “abbiamo bisogno di una politica a lungo termine e di un sostegno di fondo da parte delle autorità nazionali”. Lustenhouwer, in particolare, auspica che i Governi possano stimolare gli investimenti facendo incontrare gli investitori e i promotori di iniziative.

“Il punto debole della Ue è la quantità limitata di materie prime a disposizione”, osserva il Cese, precisando che “esistono però dei giacimenti potenziali che occorre sfruttare, sebbene al momento sembrino essere in grado di soddisfare appena il 15-20% circa della domanda totale”. Da un lato diventa quindi indispensabile per il Comitato sviluppare “nuovi tipi di batterie, come quelle allo stato solido, che ridurrebbero di gran lunga la dipendenza dalle materie prime”, ma dall’altro anche “coinvolgere le comunità locali” per “evitare un’opposizione” alle attività minerarie “tale da impedirne il decollo”. “Occorre mettere maggiormente in luce gli effetti positivi che possono derivare da un'estrazione delle materie prime responsabile dal punto di vista sociale e ambientale”, rimarca sul punto il Cese.

“Un contributo sostanziale” può poi arrivare dal riciclo, “ad esempio attraverso la cosiddetta estrazione mineraria urbana, ossia il recupero dei materiali dai prodotti usati e dai rifiuti”. Ad oggi tuttavia, secondo il Cese, “circa il 57% delle batterie convenzionali non viene conferito agli impianti” di riciclo e “il recupero dei materiali dalle batterie usate è ancora solo in fase iniziale e raggiunge appena il 10%”.

Attenzione infine ai consumatori. “Sono necessarie campagne di informazione mirate”, conclude il Comitato, affinché “si rendano conto che acquistare batterie prodotte in Europa offre molti vantaggi rispetto all'acquisto di batterie provenienti da Paesi terzi, dove i valori umani e le norme di sicurezza ambientale non sono necessariamente rispettati nello stesso modo”. Proseguire con il sistema attuale, chiude Lustenhouwer, “significa continuare a esportare i nostri problemi ambientali”.