e7, settimanale di QE - Nel 2017 il consumo di suolo ha determinato la perdita di 52 km2 di terreno, equivalenti a 2 miliardi di euro l’anno (ultimo rapporto ISPRA). Risorsa fragile e non rinnovabile, è costantemente vittima della costruzione di infrastrutture, edifici e altre coperture artificiali. Oggi, 5 dicembre, ricorre la Giornata mondiale del suolo per ricordare quanto le pressioni naturali e antropiche, sempre più acute, stiano compromettendo in maniera irreversibile le proprietà ambientali, produttive e socio-culturali di questa risorsa. Parole e pensieri che si legano alle immagini di frane e voragini lungo le strade, l’ultima in ordine cronologico quella sulla Pontina nei pressi di San Felice al Circeo, in provincia di Latina, dove si è aperta un vuoto di 8 metri di profondità. Due le persone che hanno rischiato di perdere la vita e una ancora dispersa.
Solo nei primi 10 mesi del 2018 ci sono stati 136 sprofondamenti a Roma e negli ultimi 8 anni il numero medio degli eventi capitolini è cresciuto esponenzialmente da 128 voragini (16 eventi ogni anno) a più di 720 (oltre 90 all’anno). Due le cause alla base del problema delle voragini nei centri urbani, che differiscono da quelli in campagna perché frutto dell’azione umana: “La prima, e più importante, è la presenza di cavità sotterranee in città. Nel passato sono state realizzate gallerie per l’estrazione di materiale da costruzione, come il tufo”, ci spiega la Dott.ssa Stefania Nisio, Primo tecnologo ISPRA e Responsabile del progetto Sinkhole che studia il fenomeno in Italia. “Le città si sono espanse, dai piccoli centri storici alle periferie, costruendo sulle cavità sotterranee senza bonificare. Esempio tipico il boom edilizio degli anni ’60”.
Dal 2002 con questo progetto l’ISPRA mappa e analizza il fenomeno delle voragini (o sinkhole, appunto)a livello nazionale, riassunto nei numeri del rapporto annuale che sarà presentato a dicembre del 2018. Lo scorso anno ha pubblicato la prima Carta delle cavità sotterranee che risulta, però, incompleta. “Dal 1875 ad oggi abbiamo mappato 3.400 eventi e registrato nel sottosuolo 32 km di gallerie riferite solo alla città di Roma”, ha proseguito la Responsabile. “Abbiamo prodotto un grosso database che dice dove e quando si sono aperte le voragini consultando le emeroteche di quotidiani contenenti le cronache dell’epoca”.
Nella Carta nazionale le città di Roma, Napoli, Cagliari e Palermo sono risultate le più interessate dal fenomeno perché “ricche di vuoti sotterranei”. Nella Capitale le dimensioni medie delle voragini sono di 5-6 m, alcune arrivano a 20 m e il record di 25 m è stato registrato nella zona del Parco della Caffarella. “Abbiamo già individuato altre aree sensibili, stiamo procedendo a mapparle con i mezzi e le risorse di cui disponiamo”, prosegue la Nisio. “Sappiamo, ad esempio, che esistono catacombe mai scovate: manca all’appello la grande Catacomba scomparsa di San Felice, sulla Via Portuense, che costituiva uno dei principali cimiteri della Roma cristiana del IV-V sec. Senza dimenticare le catacombe ebraiche citate nei testi storici di cui non si ha traccia. Sono ricerche che meriterebbero di essere agevolate dai diversi enti competenti dato il carattere multidisciplinario”.
C’è poi una seconda e secondaria causa alle voragini incittà, come spiega la Responsabile: “La rottura delle condutture e le perdite dell’infrastruttura idrica, accentuate dai forti e concentrati fenomeni di pioggia, contribuiscono all’asportazione e all’erosione del terreno”. Se queste due cause si combinano il fenomeno delle sinkhole si accentua “costituendo un rischio per la popolazione: se avviene sotto un palazzo può portare a cedimenti lenti. Un esempio l’abbiamo avuto negli Anni ‘30 quando un villino a Monteverde Vecchio ha provocato la morte di alcune persone”. Le cosiddette “botte d’acqua stanno diventando sempre più frequenti e più frequenti si rivelano le voragini. Stiamo diventando un Paese tropicale dove piove tanto in poche ore, soprattutto dopo un periodo siccitoso”. Solo nella città di Roma al 31 marzo il numero di voragini registrate nel territorio capitolino era più che raddoppiato: da 21 sprofondamenti del 2017 ai 43 del 2018.
C’è da chiarire che quello delle sinkhole è uno dei processi morfologici che rientrano sotto il cappello del dissesto idrogeologico ed è correlato ad altri fenomeni, tra cui quello sismico: “Stiamo studiando se le zone dove esistono cavità sotterranee rispondono meglio o peggio in caso di terremoto. Alcuni studi dimostrano che se la sinkhole è piccola e unica non c’è interferenza, se la cavità è molto sviluppata allora l’evento sismico può amplificarsi. Dipende da com’è ramificato il vuoto. Anche nel sisma dell’Aquila sono stati scoperti cunicoli sotterranei”.
Le ovvie conclusioni riguardano la ricostruzione delle aree in cui si verificano queste frane. Anche qui la Nisio fa una distinzione: “Se il vuoto è piccolo viene colmato, altrimenti solo stabilizzato tramite strutture di sostegno per rafforzare le pareti delle cavità. Prima di operare bisogna indagare quanto la cavità sia estesa, altrimenti si procede come nel passato quando la voragine veniva colmata senza un’adeguata analisi e se ne ripresentava un’altra a pochi metri di distanza”.
Lanciato il progetto europeo SOIL4LIFE
In vista della Giornata mondiale del suolo ieri a Roma ISPRA, CIA Agricoltori Italiani, CCIVS, Crea, ERSAF, Politecnico di Milano, Legambiente, Comune di Roma e Zelena Istria hanno lanciato il progetto europeo SOIL4LIFE che coinvolge partner di Italia, Francia e Croazia. Cofinanziato dalla Commissione UE attraverso il programma Life, SOIL4LIFE punta a promuovere l'uso efficiente e sostenibile del suolo e delle risorse in tutta Europa. Come? Grazie alla ricerca congiunta, utile a predisporre interventi normativi, e con l'intento di redigere delle linee guida nazionali per la gestione del suolo che possano diventare un punto di riferimento per gli Stati membri.