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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

Serve un approccio efficace per i Contratti di Fiume

Servono sinergia e manutenzione predittiva

e7 - Un approccio efficace ai Contratti di Fiume (CdF) richiede paradigmi operativi sinergici, in grado di puntare sulla manutenzione e sulle modalità di gestione predittive incentrate sul coinvolgimento delle comunità locali. Questi strumenti volontari, infatti, che hanno come focus una programmazione negoziata per una pianificazione strategica volta alla riqualificazione dei bacini fluviali per espletare al meglio la loro funzione, devono svincolarsi da ambiti di intervento “emergenziali” e puntare, invece, su una valutazione ex-ante e sulla prevenzione degli eventuali rischi. è quanto ha spiegato a e7 Massimo Bastiani, esperto dell’Osservatorio Nazionale dei Contratti di Fiume, che è intervenuto il 22 maggio a Milano nel corso di un workshop organizzato nell’ambito del Progetto CReIAMO PA “Competenze e Reti per l’Integrazione Ambientale e per il miglioramento delle Organizzazioni della PA”. Iniziativa realizzata dal Ministero dell’Ambiente con il supporto tecnico-scientifico e operativo di Sogesid S.p.A.

“Quando si verificano situazioni di crisi, come nel caso delle alluvioni, spesso si chiede alle comunità locali e ai cittadini di intervenire. Quello che vogliamo portare avanti con i Contratti di Fiume è l’estensione di questo stato di responsabilità e cooperazione per obiettivi comuni anche all’ambito della manutenzione, con l’intento di ottenere un miglioramento del territorio non solo con modalità emergenziali”, ha sottolineato Bastiani (vedi dichiarazioni a video).

Si tratta, insomma, di un cambio di prospettiva che punta su una visione a lungo termine e su un ruolo di primo piano della ricerca scientifica. “Si spende di più per ricostruire lo stesso identico ponte che crolla che per la ricerca nazionale. Credo che dovremmo spostarci molto di più su questo settore puntando sulla manutenzione e sulla prevenzione del rischio”, ha aggiunto l’esperto.

Per far sì che questo percorso virtuoso, olistico e previdente, si dispieghi al meglio, è fondamentale coinvolgere le comunità locali. “Uno degli obiettivi principali che i Contratti di Fiume intendono raggiungere è il miglioramento della governance complessiva nella gestione del territorio - ha spiegato Bastiani - in sostanza di cerca di far integrare tra loro: azioni, programmazioni, pianificazioni nell’agricoltura, ma anche nelle attività produttive. Ciò avviene all’interno dello scenario strategico generale e concretamente nell’ambito del programma d’azione. Quest’ultimo non è solo la summa di tanti interventi, ma la possibilità di vedere in un quadro sinergico e integrato tutti gli aspetti che contribuisco al raggiungimento di obiettivi comuni. In questo senso diventa importante che questi siano condivisi con le comunità locali”.

Proprio per favorire questa modalità operativa sinergica e collaborativa è stato istituito l’Osservatorio Nazionale sui Contratti di Fiume presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), una realtà di cui fanno parte ISPRA, le Regioni, le Autorità di Bacino Distrettuali ed esperti in materia di contratti di Fiume. “L’obiettivo - ci ha spiegato Gabriela Scanu, coordinatrice dell’Osservatorio Nazionale dei Contratti di Fiume (MATTM) - è principalmente quello di intervenire con un’attività di indirizzo e coordinamento per fare in modo che ci sia un’armonizzazione dei Contratti di Fiume che si sono sviluppati spontaneamente in maniera variegata su tutto il territorio italiano. A ciò si aggiunge la volontà di fornire anche degli strumenti facilitatori per i soggetti che intraprendo il percorso legato ai CdF”.

Per raggiungere questi risultati sono state messe in atto tre distinte tipologie di attività: “Una formativa, una di comunicazione (per spiegare al pubblico cosa sono i contratti di Fiume) e una di osservazione per capire le esigenze dei vari territori. L’obiettivo è quello di arrivare a un censimento dei contratti. Sulla base di queste osservazioni si svilupperanno dei sistemi nazionali ad hoc”, ha concluso Scanu.

Attualmente in Italia sono in atto oltre 270 processi legati a Contratti di Fiume, distribuiti in maniera omogenea sul territorio. Numeri che dimostrano come nel corso del tempo lo strumento sia stato introiettato a livello nazionale. A fare da apripista è stata in particolare la Lombardia che, dopo un’iniziale valutazione delle potenzialità dei CdF all’inizio del 2000, ha concretizzato il percorso di implementazione nell’ultimo decennio. “Ci siamo avvalsi di questo strumento, perché le acque lombarde erano e sono ancora molto compromesse. Un effetto del passato di una regione molto industrializzata e molto urbanizzata”, ci ha spiegato Viviane Iacone, Dirigente dell’ufficio di Regione Lombardia che si occupa di pianificazione delle acque e riqualificazione delle risorse idriche. “Abbiamo capito che gli strumenti ordinari per sviluppare le politiche di tutela delle risorse idriche non riuscivano a raggiungere risultati soddisfacenti. Abbiamo inoltre realizzato che ciò era dovuto all’eccessiva frammentazione di responsabilità e a politiche settoriali che agivano a compartimenti stagni, non permettendo il perseguimento di obiettivi comuni”.

Per questo motivo la Lombardia ha deciso di cambiare strada e di puntare su sinergia e rispetto. “Lentamente è cresciuta la consapevolezza di trovare uno strumento per far agire in modo unitario e convergente diversi soggetti, con diverse responsabilità, politiche e risorse. il contratto di fiume ha rivestito questa funzione permettendo un simile cambio di rotta”, ha aggiunto Iacone. Tanti sono stati, infatti, i progetti promossi. Iniziative che cercano proprio di rimediare ai danni del passato, legati a un’eccessiva cementificazione del territorio che non ha tenuto conto delle esigenze dei fiumi”.