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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

“NOx e particolato? I nuovi diesel incidono sulla qualità dell’aria come le e-car”

Il policy director di FuelsEurope Bartelloni a QE

Quotidiano Energia - Con la stagione delle emergenze smog entrata già nel vivo e i riflessi ambientali della mobilità sempre più sotto la lente della politica su tutti i livelli, la relazione trasporti-qualità dell’aria non poteva che essere al centro del Refining Forum Ue che si è tenuto venerdì a Bruxelles, alla prima edizione nel suo nuovo formato “doppio”. All’Expert meeting autunnale seguirà infatti in primavera un incontro di carattere “politico”, alla presenza del commissario all’Energia e al Clima, Miguel Arias Cañete.

“È stato un buon Refining Forum, con un’ampia partecipazione e tanta attenzione da parte degli Stati membri”, spiega a QE il policy director di FuelsEurope, Alessandro Bartelloni, soffermandosi in particolare sui contenuti di due studi commissionati dall’associazione alle società di consulenza Ricardo e Aeris, presentati in occasione dell’incontro. Il primo, in particolare, analizza i risultati dei test su strada effettuati su alcuni modelli di auto diesel di ultima generazione (Euro 6d), arrivando alla conclusione che in ordine di marcia questi rispettano i limiti di PM e NOx fissati a livello europeo. “È molto importante poter osservare che si resta sotto i limiti di NOx anche in ambiente reale”, sottolinea Bartelloni, “anche perché sul fronte delle PM si è già fatto molto sin dalle vetture Euro 4 dotate di Fap e ciò dimostra ancora una volta che per il particolato l’impatto maggiore è quello del riscaldamento, mentre sul fronte mobilità questo sarà sempre più limitato all’usura dei freni, dei pneumatici e dell’asfalto”.

Partendo dai dati ottenuti da Ricardo e utilizzando una modellizzazione di circa 2.400 stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria diffuse in tutta Europa, lo studio di Aeris conclude inoltre secondo Bartelloni che in un ambiente di analisi “business as usual” per il ricambio del parco auto “i risultati della sostituzione di una vecchia vettura diesel con una di ultima generazione sono sostanzialmente analoghi a quelli del cambio con un’auto elettrica”.

“Con il passaggio ai nuovi diesel, così come con la sostituzione delle vecchie auto con e-car pure, al 2025 il 98% delle stazioni di monitoraggio rivelerebbe una compliance rispetto agli obiettivi di qualità dell’aria per il NO2”, afferma il policy director di FuelsEurope, “non c’è quindi nessuna differenza tra le due soluzioni a livello di popolazione esposta a questi inquinanti”. Perciò, insiste Bartelloni, “è inutile spingersi troppi in là sulle limitazioni per le auto diesel, ma occorre concentrarsi sul ricambio del parco circolante e sulle misure per limitare le altre sorgenti di NOx”.

Andando più a fondo, infatti, la ricerca rileva inoltre che nelle stazioni di monitoraggio residuali che non raggiungono la compliance, ad esempio quella di Piccadilly Circus a Londra, la “colpa” non è dei trasporti privati, ma dei mezzi pubblici, responsabili in questo caso del 70% delle emissioni di NOx. “Un risultato emblematico per capire dove occorra davvero intervenire”, commenta Bartelloni.

In ogni caso, in una fase di profondo cambiamento per la mobilità come quella in atto, i mondi della raffinazione e dell’auto stanno portando avanti un importante confronto per gestire la transizione. “Abbiamo già avuto vari incontri con Acea e c’è in corso un dialogo molto intenso”, rimarca il policy director di FuelsEurope, “noi come industria della raffinazione siamo al lavoro su carburanti con un impatto sempre più ridotto, che possono essere biofuel ma anche liquidi tradizionali di qualità più alta e, in futuro, la ricerca potrebbe portare a sviluppare in modo sostenibile perfino dei carburanti liquidi (sintetici) senza carbon footprint”. In quest’ottica, tenendo a mente che per tutto questo “si renderanno necessari investimenti per entrambe le industrie”, Bartelloni sottolinea che “condividere il discorso con l’industria dell’auto è fondamentale, dobbiamo lavorare insieme”.

Nella riunione di venerdì si è dibattuto poi ampiamente anche di quello che è stato uno degli elementi alla base della creazione del Forum: la competitività della raffinazione europea in un panorama globale sempre più concorrenziale. Sotto questo aspetto, non possono passare certo inosservate le evidenze del report messo a punto dal Clingendael Institute e illustrato nel corso dei lavori, che analizza la capacità di competere del settore impianto per impianto. L’analisi non si basa sugli economics di dettaglio, ma guarda essenzialmente a macro-fattori come ad esempio posizione, integrazione con il petrolchimico e complessità del ciclo produttivo.

Considerando tutta la Ue a 28, secondo il report solo il 32% della capacità è pienamente “Resilient to competition” e in Mediterraneo questa quota scivola addirittura fino al 13%, senza includere nessun impianto italiano. “Ciò non vuol dire che secondo lo studio le raffinerie debbano chiudere, ma che devono affrontare maggiori criticità”, spiega Bartelloni, “si conferma quindi un nodo che la nostra industria ha già portato all’attenzione dei policy maker europei. A maggior ragione quindi è necessaria un’attenta valutazione degli impatti delle nuove leggi sulla raffinazione Ue, con impact assessments settoriali e l’update del Fitness Check”, che “va rivitalizzato”. Aspetto questo evidenziato anche dagli Stati membri presenti (in rappresentanza dell’Italia Giovanni Perrella del Mise), rileva ancora il policy director di FuelsEurope, “i quali hanno riconosciuto ancora una volta l’importanza strategica della raffinazione e reiterato la richiesta di valutare preventivamente l’impatto della legislazione europea su questa industria”.