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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

La paura dei Green public procurement

La PA in difficoltà sui nuovi bandi di gara

e7, il settimanale di Quotidiano Energia - Eliminare la presenza di sostanze pericolose dal ciclo dei rifiuti, che come abbiamo visto rischia di rendere più oneroso il servizio di raccolta e deprezzare i materiali di scarto, è uno degli obiettivi dell’economia circolare. Anche la Pubblica Amministrazione è chiamata a rispondere dei propri rifiuti e, di conseguenza, dei propri acquisti, attivando processi di acquisto verdi, i green public procurement, che prevedono l’inserimento nelle gare di criteri ambientali minimi, i CAM, diventati obbligatori dal 2016 con il D. Lgs. 50 “Codice dei contratti pubblici”. Diventa però “difficile per la PA espletare delle gare in modo diverso dalla prassi abituale, c’è paura di sbagliare e di essere sottoposti a contenziosi”, commenta a e7 Mario Tarantini, Direttore di ricerca nel centro ENEA di Bologna.

“È un processo che è partito lentamente in Italia mentre va già avanti da anni su base volontaria nelle altre nazioni europee”, continua Tarantini, anche se ora l’obbligatorietà nell’adozione dei CAM per l’acquisto di diverse categorie di prodotto permetterà di recuperare rapidamente il ritardo accumulato. “Ogni anno in Europa gli enti pubblici spendono nell’acquisto di beni e servizi circa l’equivalente del 20% del prodotto interno lordo dell’intera UE”. Introdurre questi criteri ambientali per l’acquisto “permette di creare un nuovo mercato e abitua utilizzatori e produttori a ragionare in termini di circolarità e di impatto ambientale”.

Affinché gli obiettivi principali dell’economia circolare si traducano in realtà - l’estensione della vita dei prodotti, la produzione di beni di lunga durata, l’eliminazione delle sostanze pericolose dai flussi dei rifiuti per facilitarne il riciclo - occorre “formare il personale della PA” e “diffondere schemi tipo di bandi di gara verificati sotto tutti gli aspetti legali”, commenta Tarantini. Così da smorzare tutte le paure.

L’Enea ha partecipato alla definizione dei CAM per gli arredi interni e le finestre, anni prima che diventassero obbligatori. Nel definire i criteri ambientali minimi si è tenuto conto dei principi dell’economia circolare. Ad esempio, nel caso delle finestre è previsto che le parti in plastica superiori a un certo peso vengano marcate per facilitarne la riciclabilità.

Per superare la difficoltà della PA a verificare direttamente l’esistenza dei requisiti ambientali richiesti si fa spesso riferimento al possesso di etichette o dichiarazioni ambientali. Secondo la norma ISO 14020 esistono 3 tipi di etichette ambientali: il tipo 1, come ad esempio l’Ecolabel europea e le etichette nazionali, tra cui quella tedesca Blauer Engel e la White Swan svedese; il tipo 2, un’autodichiarazione ambientale; il tipo 3, la dichiarazione ambientale di prodotto, che prevede la valutazione dell’impatto ambientale del prodotto con uno studio sul suo intero ciclo di vita e la verifica da parte di un valutatore indipendente.

Come funziona

I criteri ambientali per le diverse categorie merceologiche - rifiuti, verde pubblico, cancelleria, ristorazione, etc - sono definiti da gruppi di lavoro, composti da esperti e associazioni di produttori, istituiti dal Ministero dell’Ambiente. La presenza delle associazioni dei produttori fin dalla prima fase di selezione dei CAM evita la scelta di criteri che siano di difficile dimostrazione e minimizza gli oneri aggiuntivi a cui sono sottoposte le aziende. Una volta selezionati, i criteri sono sottoposti a ulteriore consultazione con gli altri ministeri e le associazioni dei produttori per poi essere adottati con D. Lgs. del Ministero dell’Ambiente. Ad esempio, si richiede che la carta per fotocopie abbia un contenuto di fibre di cellulosa riciclate superiore al 70%; gli arredi devono essere scomponibili, così da facilitare il riuso o il riciclo delle parti in legno, metallo o plastica; i pannelli a base di legno devono avere un limite molto basso per le emissioni di formaldeide; tutte le sostanze pericolose, come additivi a base di cadmio, piombo, mercurio o gli ftalati sono banditi dai mobili.