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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

Uno shampoo per essere meno green. Vacanzieri avvisati

Canale Energia - Truccarsi, struccarsi, ma anche farsi una semplice doccia, magari con shampoo sono azioni quotidiane che possono avere un impatto sul corpo e sull’ambiente. I prodotti di cosmesi non sono soggetti alla stessa regolamentazione dei detergenti per la casa e questo sta facendo sì che il loro impatto sull’ambiente si cominci a sentire. Anche le insospettabili e utilissime creme solari possono nascondere al loro interno effetti collaterali inaspettati, tanto da mettere a rischio la barriera corallina e felici momenti estivi per coppie e single...

Ma quali sono i parametri per cui si può considerare un prodotto green? Lo chiediamo a Fabrizio Zago, Responsabile della Biocosmesi e Biodetergenza di Chimica Verde. “Se butto giù per lo scarico del lavandino un litro di sapone per i piatti il mio impatto sull’ambiente sarà 10, ma se faccio lo stesso con un litro di bagnoschiuma inquinerò 20”.

Quali sono i parametri da prendere in considerazione nella realizzazione di un prodotto di cosmesi green? 
Quando devo affrontare una nuova formulazione di un prodotto cosmetico valuto tre variabili: la quantità di sostanza che impiego, la tossicità per gli organismi acquatici e la biodegradabilità o degradabilità. Di fatto posso avere diverse combinazioni: sostanze che lavorano molto bene in piccole dimensioni che non rappresentano una tossicità per gli organismi acquatici ma non sono biodegradabili; oppure si può presentare uno scenario con sostanze biodegradabili, ma tossiche per gli organismi acquatici. Ci troviamo spesso a dover scegliere tra variabili di questo tipo. Il mio approccio è adottare un metodo scientifico, un calcolo, per valutare al meglio l'impatto sull’ambiente e il risultato, evitando così di cadere in falsi miti.

Quanto è importante per la scelta delle materie prime, una valutazione sul carboon foot print? 
Va considerato l’impatto nel complesso, studiando l’intero ciclo di vita di prodotto non solo la carboon footprint. Ad esempio, per fare uno shampoo ho bisogno di tensioattivi - le sostanze che di fatto lavano - ottenute da alcuni grassi che possono provenire da una fonte petrolchimica, quindi da materiale fossile, oppure da una fonte vegetale. Anche in quest'ultimo caso scegliere olii come palma e cocco vuol dire andare su risorse che provengono da lunghe percorrenze.

Quali sono gli olii a km quasi zero che lei suggerisce?
Mi trovo bene con l’olio di colza. Sia sotto un profilo tecnico, la sua composizione è simile agli olii di palma e cocco, quindi è una catena chimica che conosco bene e in cui mi sono già imbattuto. Sia perché è un olio non alimentare, in quanto allo stato naturale, contiene acido eurucico, nocivo per l’uomo, e cresce alle nostre latitudini.

Durante i processi di produzione possono mostrarsi reazioni dannose o pericolose? 
Sì, ci sono dei casi storici, ad esempio il laurete solfato. Questa molecola di per sé non fa male, ma nei processi industriali può entrare a contatto con molecole di ossido di etilene. Queste molecole delle volte possono condensarsi tra di loro, formando il diossano: una sostanza pericolosa per la salute dell’organismo. Nei residui di lavorazione, invece, le nitrosoamine sono estremamente pericolose e si sviluppano in presenza di molecole secondarie. In questi processi anche la temperatura influisce molto. In pratica queste molecole finiscono nel bagnoschiuma: in parte vengono assorbite dal corpo, in parte scendono nello scarico e raggiungono il mare.

Nella sua carriera ha assistito a clamorosi dietro front rispetto al tasso nocivo di una sostanza? 
Più si studia e più si hanno dati sull’impatto complessivo delle sostanze, quindi nel tempo il giudizio sulla tossicità può variare. Ad esempio con il sodiomonocloroacetato. Per anni i dati in possesso del mondo scientifico indicavano un impatto complessivo poco rassicurante denotandolo come nocivo per il corpo e, soprattutto, come vero killer per le alghe. Alcuni fabbricanti garantiscono 5 mg/litro, altri arrivano a 3 mg/litro, nei flaconi. 
Il risultato è che, mentre uso lo shampoo, mi ritrovo ad avere quantità di sodiomonocloroacetato che entra nel mio corpo e che, andando verso il mare stermina le alghe. 

Due anni fa ho avuto modo di verificare altri dati che hanno dimostrato un impatto meno nocivo per uomo e ambiente. (Intanto per i curiosi c’è il prontuario delle sostanze il “BIODIZIONARIO” che ad oggi raccoglie 5 mila sostanze segnalate e, nella nuova versione, ne conterrà circa 17 mila n.d.r.).

In vista delle ferie estive di questi giorni, quanto inquinano le creme solari? Quanto e se, oltre ad essere uno strumento indispensabile per difendersi dal sole, sono nocive per l’essere umano?Queste creme contengono dei filtri chimici per i raggi solari che sono degli interferenti endocrini che però procurano un calo del desiderio sessuale… una reazione simile a quella umana è stata rilevata nel comportamento dei coralli. In merito c’è uno studio molto interessante dell’Università di Ancona. Di fatto i coralli maschi perdono interesse nelle riproduzione, il che sta causando la decrescita delle barriere coralline.

Vacanzieri siete stati avvisati...
 

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