NAPOLI - Una Antologia di Spoon River 'riscritta' da Enzo Moscato, il cimitero sulla collina che diventa Partenope ovvero uno sterminato obitorio cittadino creatosi dopo l'ennesima eruzione del Vesuvio: debutta domani in prima assoluta, al decimo Napoli Teatro Festival Italia (ore 21, Galleria Toledo), Raccogliere & Bruciare (Ingresso a Spentaluce), 80 frammenti dall'opera di Edgar Lee Masters non solo tradotti in napoletano ma ricodificati dal drammaturgo partenopeo, che è anche regista ed interprete di una inedita drammaturgia insieme al ricchissimo cast.
"Portare sulla scena, dopo averla imbrattata qua e là di lingua e di suoni napoletani - scrive Enzo Moscato in una sua nota - l'incredibile Antologia di Spoon River, capolavoro di Edgar Lee Masters tale da aver già rappresentato oggetto di studio e adattamento di autori italiani come Cesare Pavese, Fernanda Pivano e Fabrizio De André è sempre stato un mio obiettivo". Moscato sceglie tra i 263 frammenti dell'opera originale, componendoli dopo un lavoro, non continuativo, durato parecchi anni. Prodotto da Compagnia di Enzo Moscato con Casa del Contemporaneo e Fondazione Campania dei Festival (che organizza il festival diretto da quest'anno da Ruggero Cappuccio) lo spettacolo vede in scena con Moscato attori di varie generazioni: Giuseppe Affinito, Massimo Andrei, Benedetto Casillo, Salvatore Chiantone, Gino Curcione, Enza Di Blasio, Carlo Di Maio, Caterina Di Matteo, Cristina Donadio, Tina Femiano, Gino Grossi, Carlo Guitto, Amelia Longobardi, Ivana Maione, Vincenza Modica, Rita Montes, Anita Mosca, Francesco Moscato, Imma Villa e molti altri. L'allestimento è arricchito dalle installazioni di Mimmo Paladino e dalle luci di Cesare Accetta.
"Ed ecco allora Raccogliere & Bruciare, messa in scena in versi e anagrammi esistenziali - spiega Moscato - dove la piccola e molto silente little city di Spoon River è divenuta, per mano mia, la babelica Neapolis e il lillipuziano cimitero sulla collina, dove i morti rivivono e riparlano, esternando l'una e l'altra, la vita e la lingua, con algidi e indimenticabili ricordi epitaffiali, altro non può essere che Partenope medesima, divenuta sterminato obitorio cittadino, magari dopo l'ennesima (ma del resto prevedibile e attesissima) eruzione del Vesuvio. Metafora, quest'ultima, non tanto e non solo del dantesco contrappasso, dai Cieli voluto, per i tanti misfatti e delitti della famigerata 'camorropolis', quanto piuttosto del necessario fuoco distruttivo e rigenerativo di cui abbisogna un'opera per passare da una lingua all'altra, da una pelle sonora a un'altra, come pure da un genere e da uno stile di scrittura ad 'altra' cosa". Repliche il 10 e 11 giugno.
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