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Giffoni: Garrone, cerco in Italia il mio Pinocchio

'Il mio film su Gomorra una fiaba nera, diverso dalla serie'

(di Francesca Pierleoni)

(di Francesca Pierleoni)

GIFFONI VALLE PIANA (SALERNO) - Sarà italiano il Pinocchio di Matteo Garrone: "Stiamo continuando a fare provini per cercare il bambino protagonista, su cui poggia tutto il film. Finora ne abbiamo fatti tanti a Catania, a Roma e nel Napoletano. La lingua sarà neutra, non gli dò una connotazione territoriale". Lo ha anticipato il regista oggi a Giffoni Experience, dove incontrerà i ragazzi e riceverà il Premio Truffaut.

"Di questo nuovo progetto parlerò in modo più specifico più avanti - ha aggiunto - ma posso dire che resterò legato alla fiaba. Dovrei girare in primavera dell'anno prossimo, stiamo già facendo molti test anche legati agli effetti speciali. Il film dovrebbe essere pronto nel 2018". A chi gli chiedeva come mai avesse deciso di realizzare il nuovo film legato al mondo delle favole, ha spiegato: "La lezione che ho imparato con 'Il racconto dei racconti' mi sarà utile anche con Pinocchio, io ogni volta voglio proporre qualcosa di diverso, voglio esplorare un territorio nuovo".

Il regista si è indispettito quando gli hanno chiesto cosa pensasse delle polemiche di alcuni attivisti che contestano la serie Gomorra: "Non voglio entrare nelle polemiche sulla serie. Sono abituato a parlare di cose che conosco, sono venuto qua per incontrare i ragazzi. Dopo il mio film da Gomorra ho dovuto cambiare numero di telefono perché 'Il Mattino' mi perseguitava e mi chiamava per ogni rapina e omicidio che succedeva a Napoli. Ma il mio Gomorra va al di là di quella realtà, è una fiaba nera che parla di archetipi e va al di là di Napoli, anche chi vive in Messico o nelle favelas ci si può immedesimare".
"Quando nel 2006 ho iniziato a lavorare su Gomorra e ho incontrato Saviano a poche settimane dall'uscita del libro - aveva raccontato poco prima Garrone - dissi al produttore che sarebbe stato più intelligente fare una serie televisiva per rendere al meglio il testo. Io allora avrei voluto realizzarla, ma non c'erano ancora i presupposti per farla come mi sarebbe piaciuto, mentre oggi ci sono un grande mercato e un pubblico intorno alle serie tv. Quando mi è stato proposto di farla dopo il film, ho detto di no perché per me non aveva senso ritornare in quei luoghi". Ma, ha sottolineato Garrone, "è stato sacrosanto e giustissimo realizzarla, non entro nel merito, ma è un grande successo".

Il cineasta romano si è anche soffermato sul suo rapporto con Napoli: "Per me c'è anche un legame di sangue, perché mia nonna è napoletana, per me è un legame dovuto anche a tutte le possibilità che Napoli ti offre di facce e di caratteri. L'imbalsamatore l'ho girato al Villaggio Coppola perché mi sembrava un luogo di astrazione. Poi ho avuto la possibilità di lavorare con Saviano su quella che mi sembrava una meta-realtà, che si avvicinava alla fiaba nera come alla fantascienza. La storia di 'Reality' è successa al fratello della mia ex compagna, quindi è stata anche una casualità che l'abbia conosciuta. E 'Il racconto dei racconti' è un classico della letteratura. Sono sempre felice di andare in un luogo ricco di suggestioni come Napoli, devi solo cercare di mettere ordine nel caos".
Pensando a com'era lui all'età di molti ragazzi qui al Festival, Garrone ha raccontato: "A dodici-tredici anni volevo fare il tennista. Avevo già una grande passione per il disegno, ma i miei genitori erano disperati, fino a 17-18 anni ero concentrato solo sullo sport, non leggevo un libro".

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