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Napoli città della seta si racconta all'Archeologico

Tessuti dal 1600 provenienti da chiesa santi Filippo e Giacomo

(ANSA) - NAPOLI, 20 DIC - Napoli città della seta. Già nel '600 un logo con tre rocchetti 'firmava' tessuti preziosi che oggi raccontano la storia di una potente corporazione e di manifatture attive sin dall'alto medioevo: al Museo Archeologico di Napoli fino al 21 gennaio la ripercorre una mostra preziosa dal titolo "Napoli Città della Seta - La Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo dalle Fratrie greco-romane alla Corporazione dell'Arte della Seta" dedicato a un sito dei sedici del circuito Extramann valorizzato con passione dalla Associazione Respiriamo Arte.
    Per la prima volta, grazie al gemellaggio voluto dal direttore dell'Archeologico Paolo Giulierini, parte di questo patrimonio tessile è esposto al pubblico insieme ai reperti archeologici conservati al Museo, ma ritrovati a fine '800 proprio al di sotto del Conservatorio e della Chiesa dell'Arte della seta di Napoli, in via San Biagio dei Librai 118. Pochi sanno infatti che Napoli fu un importante centro di produzione e lavorazione della seta, settore trainante dell'economia del regno dalla seconda metà del XVI fino al XVIII. Nel panorama della manifattura serica, infatti, si ricordano quasi esclusivamente le Seterie di San Leucio, del '700 quando Ferdinando IV di Borbone decise di dare vita al suo sogno utopico di una Real colonia chiamata Ferdinandopoli.
    La storia della Corporazione ha inizio invece dalle prime botteghe artigiane ebree nella zona di Largo Portanova, e poi ufficialmente nell'anno 1477 quando Re Ferrante D'Aragona decide di istituire con nuovo statuto e denominazione l'Arte che sarà chiamata Consolato della Seta Una Corporazione molto potente che si distinse da subito dalle altre vantando agevolazioni fiscali e commerciali,un proprio governo, un proprio Tribunale con annesse Carceri nella Piazza della Sellaria. Il ritrovamento ottocentesco, di un piedistallo e una base di una statua entrambe in marmo con epigrafi in greco, permette d'ipotizzare che in loco in epoca greca era la sede dei Cretondi, una delle Fratrie greco-romane in cui si suddividevano i cittadini di Neapolis a partire dal 400 a.C. sul modello delle altre città greche.
    Le due pianete di colore verde esposte, una delle quali corredate dello stemma della Corporazione dell'Arte della Seta, fanno parte del fondo più antico. Tra i pezzi in mostra, la pianeta rosa in stile bizarre del primo Settecento; la pianeta blu, in damasco classico delle manifatture napoletane del secondo Settecento, già legate alla produzione tardorococò, prodotta negli stabilimenti tessili borbonici - Carminiello al Mercato e Real Albergo dei Poveri, prima degli impianti serici insediati a San Leucio. La pianeta rosa a bande verticali sfumate verdi appartiene alla tarda produzione settecentesca.
    La vetrina che ospita le due pianete e il velo omerale rosso offre un esempio di elegante commistione tra tessuti e ricami, in una profusione di filato d'oro e raffinati galloni. Il piviale, in damasco color vinaccia è realizzato seguendo un motivo decorativo caro alla tradizione tardobarocca. Infine le borse, disposte ai piedi delle pianete, in damaschi e lampassi, in teletta verde laminata in argento, in raso color corallo. (ANSA).
   

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