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Bomba in auto in Calabria, c'è un arresto per detenzione di un fucile

Lo scorso ottobre il padre della vittima, rimasto ferito, era stato aggredito

I carabinieri hanno arrestato a Limbadi, con l'accusa di detenzione abusiva di arma e munizioni, Domenico Di Grillo, di 71 anni, marito di Rosaria Mancuso, sorella dei capi dell'omonima cosca di 'ndrangheta Giuseppe, Francesco, Pantaleone e Diego. L'arresto é stato eseguito nell'ambito delle indagini sullo scoppio della bomba cha ha provocato la morte di Matteo Vinci, di 42 anni, ed il ferimento grave del padre, Francesco, di 73. L'arresto di Di Grillo é scattato dopo che nella sua abitazione é stato trovato un fucile di provenienza illecita, insieme a 46 cartucce per la stessa arma. I carabinieri stanno valutando anche la possibilità di un collegamento tra l'uccisione ieri di Matteo Vinci e la lite per motivi d'interesse che la vittima ed il padre ebbero nel 2014 con Rosaria Mancuso, lo stesso Di Grillo ed altri esponenti della cosca Mancuso.

L'aggressione al padre ad ottobre  - Francesco Vinci, il 73enne ferito gravemente nello scoppio dell'autobomba in località "Cervolaro" di Limbadi in cui é rimasto ucciso il figlio Matteo, fu vittima lo scorso ottobre di un'aggressione messa in atto da persone nei confronti delle quali sono in corso le indagini dei carabinieri. L'episodio si verificò a breve distanza dal luogo in cui é avvenuto l'attentato di ieri, in prossimità del terreno della famiglia Vinci attiguo a quello dei Di Grillo-Mancuso. Proprio sulla delimitazione del confine tra i terreni é in atto da tempo una disputa tra la famiglia Vinci e quella dei Grillo-Mancuso che sarebbe stata la causa scatenante della rissa avvenuta nel 2014 che vive contrapposti, da una parte, Francesco e Matteo Vinci e, dall'altra, Rosaria Mancuso, sorella dei capi della cosca, ed il marito Domenico Di Grillo, arrestato nella tarda serata di ieri dai carabinieri per la detenzione abusiva di un fucile. E proprio i contrasti di vicinato rappresentano una delle ipotesi che i carabinieri, coordinati dai maggiori Dario Solito e Valerio Palmieri, stanno valutando per risalire al movente dell'attentato.

Il rebus dell'innesco, radiocomando a distanza o timer  - Come é stata azionata la bomba che ha ucciso Matteo Vinci e ferito gravemente il padre Francesco? É uno dei quesiti cui é chiamata a dare una risposta l'indagine che i carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia stanno conducendo sull'attentato avvenuto ieri nelle campagne di Limbadi. Un dato acquisito alle indagini é che l'ordigno utilizzato per l'attentato sia stato collocato sotto la Ford Fiesta sulla quale viaggiavano Matteo Vinci ed il padre. Ma come é stato fatto scoppiare? L'ipotesi che su questo specifico punto dell'indagine viene presa maggiormente in considerazione dagli investigatori é quella di un radiocomando a distanza. Ma non si é esclude neppure quella di un timer. In ogni caso, si fa rilevare negli ambienti investigativi, si é trattato di un lavoro compiuto da professionisti e che denota l'elevato livello criminale di chi aveva ha progettato l'uccisione di Matteo Vinci e del padre. Persone non considerate legate alla 'ndrangheta, ma che, evidentemente, erano finite nel mirino di esponenti di primo piano della criminalità organizzata del vibonese.

Inchiesta passata a Dda Catanzaro - La Dda di Catanzaro ha assunto la titolarità dell'inchiesta sull'attentato avvenuto ieri a Limbadi in cui é stato ucciso Matteo Vinci e ferito gravemente il padre Francesco. Già nella stessa giornata di ieri uno dei magistrati della Procura antimafia, Andrea Mancuso, si era recato sul luogo dell'attentato, affiancando il sostituto di turno della Procura della Repubblica di Vibo Valentia, Ciroluca Lotoro, che ha gestito gli atti urgenti relativi all'indagine sull'attentato. L'intervento della Dda di Catanzaro, che comunque, nell'ambito del rapporto di collaborazione tra i due uffici, si avvarrà della collaborazione della Procura di Vibo Valentia, é motivato dalla chiara matrice mafiosa dell'attentato, anche se il movente di quanto é accaduto é ancora tutto da decifrare. Si tratta anche di capire il motivo per il quale chi voleva uccidere Matteo Vinci ed il padre, riuscendo però ad eliminare soltanto il primo, abbia voluto mettere in atto un'azione così eclatante per mettere in atto il suo proposito, con l'utilizzo di una bomba anziché optare per il classico agguato. Un quesito che é adesso al vaglio della Dda e dei carabinieri della Compagnia di Tropea e del Reparto operativo del Comando provinciale di Vibo Valentia, cui sono delegate le indagini.

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