Per questo il capo della diplomazia Usa, insieme all'ambasciatrice americana all'Onu Samantha Power, avrebbe piu' volte insistito per un intervento piu' deciso degli Stati Uniti, per un intervento di carattere militare, incontrando pero' un secco 'no' da parte sia del Dipartimento alla Difesa guidato da Chuck Hagel sia dei vertici delle forze armate. Un duro botta e risposta sarebbe avvenuto anche in recente meeting alla Casa Bianca alla presenza del presidente Barack Obama e del capo di Stato maggiore Martin Dempsey.
Kerry avrebbe messo sul tavolo una serie di opzioni: da un vero e proprio intervento militare per fiaccare le forze di Assad al ricorso a bombardamenti aerei limitati, fino all'uso di forze speciali dell'esercito Usa per addestrare ed equipaggiare, sotto la guida della Cia, un numero il piu' ampio possibile di ribelli siriani. Dietro le proposte di Kerry - spiega il Wsj - ci sarebbero anche due ex generali di primissimo piano, che il segretario di Stato ha piu' volte incontrato nelle ultime settimane: David Petraeus, ex numero uno della Cia, e Jack Keane, definito "l'architetto" della rivolta delle truppe in Iraq nel 2007.
Ma il Pentagono - sempre secondo quanto riporta il Wsj - pur dicendosi d'accordo sulla necessita' di rafforzare il programma di aiuti ai gruppi di opposizione piu' moderati, avrebbe espresso forte contrarieta' al piano Kerry, che per Hagel rischia non solo di bloccare la cooperazione di Assad sul fronte delle armi chimiche, ma anche di invischiare le truppe Usa in una vera e propria guerra, di trascinarle in nuovo Iraq o un nuovo Afghanistan. Per il generale Dempsey, in particolare, anche un'azione militare limitata finirebbe quasi inevitabilmente per coinvolgere gli Stati Uniti in un conflitto regionale piu' ampio, più di quanto si immagini.
Così i dubbi di Obama si moltiplicano. Così come il timore di vedere sempre più appannata la sua leadership internazionale, gia' messa a dura prova dalla crisi ucraina, dal quasi-fallimento dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi e dallo stallo sul fronte dei rapporti con l'Iran.
(ANSAmed).