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Reporter siriano, nessuno racconta la verità della guerra

Dominano ovunque censura e propaganda, mancano media indipendenti

22 settembre 2016, 13:49

Redazione ANSA

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Rami Jarrah in collegamento skype con il festival Imbavagliati di Napoli - RIPRODUZIONE RISERVATA

Rami Jarrah in collegamento skype con il festival Imbavagliati di Napoli -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Rami Jarrah in collegamento skype con il festival Imbavagliati di Napoli - RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Francesco Tedesco) - NAPOLI - "Il vero problema della Siria in questo momento è che quello che sta accadendo davvero non viene raccontato da fonti indipendenti". Cosi Rami Jarrah, giornalista di Ana Press, premiato nel 2012 con l'International Press Freedom Award, ha raccontato la vita dei media che cercano di raccontare la guerra in Siria.

Jarrah, conosciuto a livello internazionale con lo pseudonimo di Alexander Page, ha partecipato ieri in collegamento dalla Turchia a "Imbavagliati", il festival dedicato ai giornalisti che nel mondo subiscono la censura, in corso a Napoli. Il cronista ha infatti raccontato di essere attualmente bloccato in Turchia e di non poter rientrare in Siria.

"Nella parte occupata dal governo di Assad e in quella sotto il controllo dell'Isis - ha raccontato - la censura sulla stampa è durissima. Ma anche nella zona nord del Paese, soprattutto dopo l'ingresso dei carri armati turchi, molte aree sono state dichiarate aree militari con accesso consentito solo a poche testate. Per questo vengono diffusi solo filmati di propaganda ma nessuna informazione indipendente e credibile. Per i lettori internazionali l'unico modo di informarsi è seguire più fonti, cercando di avvicinarsi alla realtà. Ma per i siriani, questa situazione ha portato a una sfiducia nei media: me ne accorgo anche quando intervisto le persone, nessuno ha più fiducia su come poi verranno raccontate le vicende, perché su giornali e tv trovano una rappresentazione diversa da quello che sta accadendo".

Jarrah ha parlato anche dei social media e dell'informazione da parte dei cittadini: "Tanti cittadini - ha detto - grazie agli 'smartphone' hanno cominciato a dare informazioni di quello che accade in Siria, anche per questo il numero dei giornalisti uccisi nel Paese ė molto più alto delle statistiche ufficiali: se allarghiamo la definizione di giornalista a chi racconta la realtà, i morti si contano a migliaia. Qualche giorno fa è stato ucciso un giovane, ad esempio, che per i media ufficiali era uno dei ribelli ma in realtà faceva un lavoro di reporter e quindi va considerato un giornalista".

Oltre al collegamento skype con Jarrah, a Napoli sono giunti anche altri due reporter siriani, Fuad Roueiha e Siruah Hadsch Hossein. Quest'ultimo ha fondato una radio nella zona curda: la sede è stata incendiata lo scorso inverno ma continua a trasmettere. "Nella zona curda - ha raccontato - c'è ultimamente un gran fiorire di voci indipendenti". "La situazione è molto difficile, più di quanto avessimo immaginato - ha detto - c'era una piccola speranza dopo lo stop al fuoco di due settimane fa, ma apprendere che ieri è stato attaccato il convoglio che trasportava medicine e cibo ai bambini di Aleppo è stato molto doloroso. L'ennesima dimostrazione che i poteri internazionali non sono affatto interessati alla pace nel nostro Paese''.

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