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Moti aquilani:guerriglia Pescara 1970,fu battaglia capoluogo

Moti aquilani

Moti aquilani:guerriglia Pescara 1970,fu battaglia capoluogo

Città paralizzata, arresti, feriti: in ballo sede con L'Aquila

PESCARA, 21 febbraio 2021, 14:02

Redazione ANSA

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Moti aquilani - RIPRODUZIONE RISERVATA

Moti aquilani - RIPRODUZIONE RISERVATA
Moti aquilani - RIPRODUZIONE RISERVATA

Per Pescara capoluogo di Regione Abruzzo fecero a botte persino a Chieti, nel comitato cittadino della DC, tra fautori della città adriatica e sostenitori dell'Aquila. Sono i giorni bollenti di fine giugno 1970, quelli che anticiparono la rivolta aquilana dell'anno dopo. Erano i tempi di Italia-Germania 4-3, si erano appena svolte le elezioni regionali che avevano cristallizzato per la pima volta i rapporti di potere nelle realtà locali previste della Costituzione. La DC aveva conquistato il 42,7% dei voti, il Pci 23,9%, Psi 8,2, Psu 4,8, Msi 6,1.
    Fa impressione leggere le cronache dei quotidiani dell'epoca, anche perché la storia ricorda la violenta sollevazione del 26/27 febbraio 1971 all'Aquila, ma ha rimosso o quasi la altrettanto violenta protesta dei pescaresi che volevano Pescara capoluogo di regione.
    'Occupati a Pescara il Comune e la stazione di Porta Nuova', 25 giugno; 'Da quattro giorni Pescara nel disordine e nella tensione', titola il 27 giugno 1970 il Messaggero; 'Pescara: nuovi scontri. Grave stato di tensione', ripete il 29 giugno.
    Poi 'La città in stato d'assedio', mentre il 29 giugno 'Il Tempo' titola 'Gruppi anarchici a Pescara alimentano la guerriglia'.
    Bottiglie molotov, decine di arrestati e feriti, macchine in fiamme, stazione occupata, negozi saccheggiati: le cronache raccontano che appena calava la notte, la città si trasformava in un campo di battaglia.
    Pescara voleva essere capoluogo di regione e come apparve ai più la bollente protesta era una sommossa popolare più o meno spontanea, ma anche più o meno aizzata da forze politiche non necessariamente estremiste di destra per la maggior parte. E saranno queste premesse che faranno decidere,a Dc e Pci principalmente, di votare uno Statuto che poi stabilì divisioni tra sedi, premessa delle violente giornate aquilane. A conferma di ciò un appello congiunto pubblicato tra gli altri dal Messaggero il 25 giugno nel quale i sindaci e i presidenti provinciali di Pescara e Chieti insieme si scagliarono contro la decisione del Governo di nominare il Prefetto dell’Aquila come commissario regionale pro tempore in attesa della convocazione del consiglio regionale neo eletto: “Nessuno ha mai contestato all'Aquila il diritto di porre la candidatura a capoluogo di regione, ma per esercitare questi diritti deve assoggettarsi alle regole del gioco democratico perchè ormai sono finiti i tempi in cui manovre e intrighi potevano prosperare in danno della stragrande maggioranza degli abruzzesi”, si legge nell’appello. Date queste premesse, ciò che avvenne è perfettamente in linea con lo spirito di quei tempi. E che la sommossa pescarese fosse potenzialmente più esplosiva lo certifica una dei protagonisti di allora, l'ex presidente ed ex segretario Pci Abruzzo dell'epoca Claudio Petruccioli: "I dimostranti se avessero voluto avrebbero tagliato in due l'Italia bloccando sia la Statale Adriatica che la ferrovia". La protesta si spense. Poi toccò all'Aquila un anno dopo.
   

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