"Non c'è soddisfazione in una
sentenza pur sempre di omicidio, ma siamo felici per la
comprensione della Corte che ha capito il dramma psicologico e
umano di Di Lello anche rafforzata dalla perizia psichiatrica
del giovane". A sostenerlo sono i legali difensori di Fabio Di
Lello, Giuliano Milia e Pierpaolo Andreoni, che anche attraverso
perizie tecniche hanno chiesto le attenuanti generiche e la
minorata difesa per il loro assistito condannato in primo grado
a 30 anni di reclusione per avere ucciso a colpi di pistola
Italo d'Elisa, di 21 anni.
Difesa che ha puntato sulla clemenza della Corte per smontare
la tesi della premeditazione e sull'interpretazione della
perizia psichiatrica ripercorrendo lo stato d'animo di Di Dello
dopo la morte della moglie Roberta Smargiassi investita in sella
ad uno scooter da D'Elisa nel luglio 2016. Non è stata accolta
la richiesta di conferma della sentenza di primo grado
sollecitata dal procuratore generale Pietro Mennini e dalle
parti civili, Gianrico Ranaldi e Pompeo Del Re.
"Non ci può essere soddisfazione - aggiunge Andreoni - quando
sono coinvolte a vario titolo tre famiglie. Abbiamo fatto il
nostro dovere di avvocati e i processi si fanno in aula e non
con gli articoli di giornale. Ora ci stiamo recando in carcere a
Lanciano per comunicare personalmente la notizia a Fabio".
Il procuratore della Repubblica di Vasto (Chieti), Giampiero
Di Florio, che aveva istruito il processo in Corte d'Assise di
Lanciano (Chieti) e che in primo grado aveva chiesto l'ergastolo
per Di Lello, non ha voluto rilasciare dichiarazioni sulla
sentenza.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA