"La mia figura è stata accostata
dolosamente e strumentalmente alla tragedia. Una rimozione della
realtà, con ricostruzioni parziali, sommarie e fuorvianti che
hanno spinto alcuni commentatori, quasi a definire la mia
persona come la 'causa' o 'una delle cause' della tragedia di
Rigopiano". Lo scrive in una lunga lettera inviata agli organi
di stampa, Claudio Ruffini, l'ex segretario particolare del
presidente della Regione Abruzzo, Luciano D'Alfonso, in merito
alle intercettazioni che lo riguardano inerenti i giorni di
maltempo di metà gennaio in Abruzzo, tra cui anche il 18 quando
si verificò la tragedia dell'hotel Rigopiano, con 29 vittime.
"Ero stato 'incaricato' dal Presidente D'Alfonso a richiedere
mezzi che non c'erano, che dovevano arrivare da fuori regione,
dal Nord-Italia. Il mio compito era aiutare e sostenere i
sindaci e le comunità allo stremo", scrive Ruffini sottolineando
che "adesso il sentimento di dolore si è unito ai sentimenti di
paura, di vergogna, di incredulità, di sconcerto".
"Amministro la cosa pubblica da oltre 30 anni e mai mi era
capitato di trovare il mio nome accostato ad una tragedia che ha
sconvolto il Paese, la mia Regione e la vita di tante famiglie".
Poi Ruffini, che non è indagato nell'inchiesta di Rigopiano che
vede 23 persone raggiunte da avviso di garanzia tra cui l'ex
prefetto di Pescara, Francesco Provolo e il presidente della
Provincia, Antonio Di Marco, ricostruisce quelle ore
drammatiche. "C'era la neve. Una quantità mai vista. Poi il
terremoto, le scosse, tre, quattro, tutte di forte intensità...
chiamavano dalla provincia di L'Aquila, da Teramo, dalla
provincia di Pescara. In questo 'caos' telefonico - scrive
Ruffini - mi dispiace molto non aver risposto al sindaco Ilario
Lacchetta (di Farindola, comune dove era situato l'hotel, ndr.).
Ma sono altre le telefonate a cui non sono riuscito a dare
risposta. A tante altre ci ho provato e ci sono riuscito, non vi
era in me alcuna volontà di penalizzare un territorio rispetto
ad un altro".
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