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Sisma L'Aquila: pm, Grandi Rischi non è processo a scienza

Sisma L'Aquila

Sisma L'Aquila: pm, Grandi Rischi non è processo a scienza

Accusa, ma a funzionari Stato. Difesa, condanne ingiuste

L'AQUILA, 10 novembre 2014, 13:05

Redazione ANSA

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Non un processo a degli scienziati, ma a dei 'funzionari dello Stato' per non aver analizzato correttamente tutti i rischi di quei giorni. Non dolo ma omicidio e lesioni colpose. È questa la tesi della Procura aquilana che ha guidato tutta l'accusa al processo di primo grado ai componenti della commissione Grandi Rischi.
    Bocche chiuse al palazzo di giustizia in attesa della sentenza della Corte d'Appello prevista per il pomeriggio. I sette imputati il 22 ottobre 2012 furono condannati a sei anni perché non avrebbero analizzato tutti quegli indicatori che avrebbero dovuto far tenere loro un comportamento diverso: questo è in sostanza quanto ha scritto nella sua sentenza il giudice di primo grado Billi e che per l'accusa aquilana resta ancora valido. In sostanza, la tesi accusatoria confermata dalla sentenza e fatta propria anche dalla procura generale in appello, è che nessuno ha mai processato la scienza ma quei funzionari dello Stato che non rimarcarono con la necessaria forza gli eventi aquilani precedenti al sisma, che una scossa forte era probabile in quanto non si verificava da 400 anni, che l'Aquila ha una struttura medioevale, che tutti conoscevano la inadeguatezza sismica dell'edilizia costruita dopo la guerra e che era una città piena di studenti. La tesi della Procura è che se la valutazione giuridica è opinabile, se la colpevolezza è più o meno applicabile, i fatti non sono in discussione. "I fatti non cambiano, con la sentenza di primo grado la tavola è stata apparecchiata, le pietanze sono quelle, ma siccome il diritto è dialettica l'eventuale valutazione delle responsabilità può essere solo un fatto tecnico. Quello che andava ricostruito e ci siamo riusciti, era ricostruire la verità a prescindere dal parere dell'opinione pubblica e dai giudizi dell'informazione", si sintetizza negli ambienti della Procura aquilana.
    Di tutt'altro parere le difese. Il professor Franco Coppi contesta fortemente la tesi che ha portato alla condanna di primo grado spiegando che "qui il funzionario pubblico non c'entra: c'entra semmai, e lo contestiamo, quel singolo che potrebbe aver sbagliato. Quando affermano che questi scienziati possono aver sottovalutato il rischio sismico, si riferiscono al titolo individuale dell'imputato, e quindi c'è il rischio di condannare degli scienziati perché hanno sbagliato nel loro ruolo scientifico, quando tutti sanno che non è possibile prevedere un terremoto".
   

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